La quantità ha subito colpi gravi , ma la qualità per fortuna resta alta. Ed è questa la carta vincente che il Lazio (e dunque anche il territorio viterbese) può giocarsi per contrastare gli effetti devastanti della Xylella, il batterio proveniente dalla Costarica che si sta rivelando sempre più dannoso per la produzione agroalimentare dell’intero made in Italy. La situazione dalle nostre parti è critica: l’ultimo raccolto (quello dello scorso autunno) ha fatto registrare un calo netto del 50%, che fa praticamente il paio con il 40% in meno dell’annata precedente. Percentuali pesanti che non sono comunque neppure lontanamente comparabili con l’autentico flagello che si è abbattuto in Puglia dove distese sterminate di ulivi sono andata distrutte. Alcuni numeri danno il quadro generale: il Lazio è la quinta regione italiana per produzione e l’olivicoltura investe circa 86mila ettari superficie, cioè il 7,2% degli uliveti attivi in Italia; gli olivicoltori sono 128mila e di questi 1380 sono ricompresi nel circuito delle 4 dop dell’olio d’oliva attive in regione (2 nel Viterbese: Canino e Tuscia; le altre sono Sabina e Colline Pontine); i frantoi attivi sono circa 300. Cifre imponenti che dunque permettono di comprendere come la questione preoccupi, e parecchio pure, importanti settori dell’economia agricola laziale.
“A causa di cambiamenti climatici e globalizzazione – sottolinea Coldiretti Viterbo – si sono verificati innumerevoli contagi in Italia, dove, oltre alla strage di ulivi nel Salento, hanno causato finora, circa un miliardo di euro di danni alle coltivazioni, con invasioni di parassiti ‘alieni’ provenienti da altri continenti attraverso scambi commerciali che li hanno portati fin qui. A rischio ci sono i simboli dell’agricoltura italiana: dall’ulivo al pomodoro, dagli agrumi al castagno, dalle ciliegie ai mirtilli, ma anche le piante ornamentali come le palme e perfino le api”.
“Se sono iniziati gli abbattimenti degli ulivi colpiti dalla Xylella e sono in atto le attività di potatura, trinciatura, sarchiatura e aratura dei terreni, necessarie per creare un ambiente sfavorevole alla sputacchina, l’insetto vettore del batterio, l’ultima arrivata – continua Coldiretti – è la Popillia japonica. Originariamente viene dal Giappone ed è stata trovata in Italia per la prima volta in Lombardia, dove si teme per l’attacco ai pomodori di cui ha già fatto strage negli Usa, Paese in cui, per gli interventi di controllo, si spendono più di 460 milioni di dollari all’anno. Si tratta di un coleottero le cui larve a fine maggio si trasformeranno in scarabeidi, che possono attaccare 295 specie vegetali, di cui almeno cento di forte interesse economico, come il mais, la vite, il pomodoro, i meli, i fiori. Se si teme per il futuro del pomodoro italiano, le castagne hanno invece già pagato un conto salatissimo con la produzione, che è scesa al minimo storico, ben al di sotto dei 18 milioni di chili registrati lo scorso anno e pari ad appena 1/3 di quella di 10 anni fa. La colpa è del cinipide galligeno del castagno, il Dryocosmus kuriphilus, proveniente dalla Cina, che provoca nella pianta la formazione di galle, cioè ingrossamenti delle gemme di varie forme e dimensioni, contro il quale è stata avviata una capillare guerra biologica attraverso lo sviluppo e l’accurata diffusione dell’insetto Torymus sinensis, che è un antagonista naturale, anche se ci vorrà molto tempo per ottenere un adeguato contenimento. E danni incalcolabili sta anche facendo la Drosophila Suzukii, il moscerino killer molto difficile da sconfiggere che ha attaccato ciliegie, mirtilli e uva soprattutto in Veneto”.
Ma non è finita qui. “La produzione made in Italy di miele di acacia, castagno, di agrumi e mille fiori – spiega Coldiretti – è quasi dimezzata nel 2014 anche per l’arrivo in Italia dell’insetto killer delle api che mangia il miele, il polline e, soprattutto la covata annientando la popolazione di api o costringendola ad abbandonare l’alveare. Si tratta del coleottero Aethina Tumida della famiglia dei Nititulidi che aveva già invaso il Nord America alla fine degli anni ’90 provocando ingenti danni, diretti ed indiretti. E c’è anche il punteruolo rosso Rhynchophorus ferrugineus originario dell’Asia che ha fatto strage di decine di migliaia di palme dopo essere comparso in Italia per la prima volta nel 2004 e da allora si è dimostrato un vero flagello che ha interessato il verde pubblico e privato in Sicilia, Campania, Calabria, Lazio, Liguria, Abruzzo e Molise”.
Come ci si difende da questi attacchi? Coldiretti elenca il da fare: “Rafforzare gli strumenti di intervento per sostenere i produttori fortemente danneggiati, ma è anche necessario potenziare la ricerca per la prevenzione. Fondamentali sono certamente i controlli sulle importazioni e la lotta al commercio irresponsabile. Nell’ultimo anno sono state intercettate ben 6957 partite di piante, parti di piante, prodotti ortofrutticoli e materiali di imballaggio in legno, delle quali il 95 per cento provenienti da Paesi extracomunitari, che non rispettavano le normative fitosanitarie comunitarie. In 2483 partite, circa un terzo dei casi, sono stati trovati insetti, funghi, batteri o virus. I prodotti ortofrutticoli rientrano tra le categorie più a rischio con prodotti come i mango, zucca, basilico, melanzana, guava e peperone, provenienti da India, Pakistan, Ghana, Repubblica Dominicana, Cambogia, Sri Lanka, Kenya e Bangladesh.
Ma come sarà la prossima annata dell’ulivo? Impossibile dirlo con precisione oggi: bisogna aspettare la fioritura degli alberi, capire quali fiori non abortiranno e continueranno quindi a produrre olive dop.
“Batteriosi del kiwi, punteruolo rosso, xylella fastidiosa- conclude il presidente di Coldiretti Viterbo Mauro Pacifici – sono solo alcuni, i principali batteri che si sono accaniti con le coltivazioni nel territorio laziale e quindi rendendo terra di mira anche la nostra zona del Viterbese. Stiamo facendo del tutto per arginare il problema e sostenere gli imprenditori che dedicano il loro lavoro a queste coltivazioni ma, in linea con la Coldiretti nazionale, crediamo che molta parte possano fare sistemi di ricerca e prevenzione per cui, in un momento come questo, chiediamo massima allerta e sostegno”.