L’hanno impacchettata. Con un materiale bianco che dovrà proteggerla lungo il tragitto da qualsiasi minaccia esterna, dalla pioggia (anche se le previsioni meteo sono rassicuranti) e dagli insetti, dagli schizzi d’olio e dallo smog meneghino. Eccola, la Macchina di Santa Rosa prima di partire per il lungo viaggio. E’ smontata in tanti pezzi non troppo piccoli – perché nulla è piccolo in questa struttura così imponente -, appoggiati sui pianali dei due Tir parcheggiati nel piazzale della ditta Rocchetti, in una traversa della Tuscanese, lontano dagli sguardi indiscreti.
E’ l’ora dell’aperitivo, il sole sta andando giù e intorno c’è silenzio. Il primo autoarticolato contiene diversi tronconi, divisi nei due rimorchi. Il secondo gli sta a ruota, e se possibile sembra anche più grande, perché contiene – nella prima sezione dietro la motrice – la base della Macchina, cioè la parte più larga. E’ un trasporto eccezionale: velocità massima non oltre quaranta chilometri all’ora, manovre da eseguire con cautela, abilità e un pizzico di fortuna. Gli autisti della Pepa Trasporti di Porto Recanati (Macerata) sono esperti del ramo: per loro poco cambia ciò che debbono portare a destinazione, che siano manufatti industriali, pezzi di infrastrutture o, come ieri e come oggi, “l’unico monumento italiano che verrà ricostruito ad Expo”.
Sono partiti verso le 22, con un piccolo ritardo rispetto alle previsioni: aria frizzante, poco traffico, la staffetta della Polizia stradale fino al casello di Orte. Strade larghe e scorrevoli, a parte il primo tratto di Tuscanese. Poi lo svincolo, la supeRstrada (per fortuna in direzione est, perché ad ovest non è ancora completata, e vai a capire se mai lo sarà). Poi l’A1, verso nord, fino alle porte di Milano e dopo la giornata di oggi di attesa, stanotte, la Tangeziale ovest di Milano, fino lassù, quasi a Rho, l’area che ospiterà Expo, dove entrerà dopo l’alba. Per un totale di circa 550 chilometri.
Allora il più sarà fatto, e si potrà procedere senza troppa fretta al montaggio – affidato alla ditta Ciorba di Viterbo – davanti al padiglione di Eataly. Un’operazione di routine, visto che Fiore del cielo è stata montata e rimontata una dozzina di volte negli ultimi anni. Cambierà soltanto la cornice. Non più lungo le mura medievali di Viterbo, né sotto la cupola del Santuario, ma tra palazzi modernissimi, costruiti con tecniche all’avanguardia e progettati dai migliori architetti del mondo: i padiglioni di Expo, pensati per esistere e resistere appena sei mesi (l’inaugurazione è il 1 maggio, si chiude il 31 ottobre). Una beffa del destino, per una Macchina che affonda le sue radici in una storia di secoli e secoli. Ma una beffa di cui andare orgogliosi, da viterbesi di fronte al pianeta.