Dentro la “O” di Viterbo hanno disegnato il rosone a quadrifoglio del Duomo. E poi l’hanno allungata, la lettera, fino a farla diventare il simbolo di geolocalizzazione di Google maps. Passato e futuro, mentre viviamo un presente di lavoro, e di idee, di contenuti, con i quali riempire la candidatura della città a capitale italiana della cultura per il 2016. Sì, VI-TE-RBO è candidata e indietro non si torna.
Il motto, a rendere ancora più completa l’immagine: “Terra del dialogo, cammino della bellezza”. E giù, pagine e pagine di idee, raccontate da slides che sarebbero anche renziane se solo il proiettore funzionasse bene, se solo la luce pazza della sala d’Ercole non confondesse tutto.
Immagini e frasi, scritte e dette, per la presentazione ufficiale di quello che il coordinatore scientifico della commissione creata ad hoc, Claudio Margottini, definisce “un progetto d’economia culturale”, e ancora “una nuova primavera viterbese”. Accanto e intorno al geologo, quasi tutti i membri della squadra “che ha lavorato a tempo di record”, come sottolinea il sindaco Michelini. E non – attenzione attenzione – perché Viterbo si sia mossa tardi, ma solo perché il ministero dei Beni artistici e culturali e l’Anci hanno pubblicato in ritardo il bando di partecipazione.
“Questo – ribadisce Michelini – è uno di quei momenti in cui si fanno le scommesse che contano, stavolta ancora di più visto che la competizione è incerta e dunque maggiormente appassionata. E al di là di come andrà a finire vogliamo dimostrare che c’è un futuro radioso anche per Viterbo”. Delli Iaconi, da posizione defilata, ne approfitta per sparare sassolini con la fionda: “Ci siamo. Nonostante anche in questo caso ci siano state infinite discussioni, persone impegnate a distruggere più che costruire, mancanza di collaborazione. Avercela fatta, essere qui, vuol dire restituire la fiducia anche alla parte positiva della città”. Chissà con chi ce l’ha: forse con il Marini Giulio, che ha lasciato la commissione non appena nominato? O forse con quei consiglieri (anche di maggioranza) che hanno osato dubitare del curriculo di altri membri dell’équipe?
Ma è Margottini, “quel secchione di Margottini” (copyright Filippo Rossi), al centro della scena, scortato dall’intellettuale di complemento Francesco Mattioli: “Questa è la scommessa di una collettività. E attenzione: non stiamo partecipando a una gara tra chi ha il monumento più bello (verrebbe da dire: “più lungo”, ndr), ma tra chi presenta il programma più stimolante”. E lorsignori membri della commissione hanno dato il massimo.
Già, perché se c’è qualcosa di monumentale è proprio il programma. Che parte dalla Macchina di Santa Rosa (“il genius loci”) e poi s’incunea nel territorio municipale fendendolo da ovest a est, da nord a sud: dagli etruschi di Norchia e dell’Acquarossa ai romani di Ferento, al medioevo di San Pellegrino e della via Francigena fino al Rinascimento di palazzo papale, dei Farnese, delle ville. Davvero, qui ci vuole Google maps. Ne escono fuori una trentina di progetti, detti cluster, comunque sviluppabili e incrementabili semmai ci sarà una seconda fase. Museo, Macchine in piazza per quanto riguarda Santa Rosa. Gli itinerari archeologici, il museo dei conclavi, la banca (o banda?) del racconto. Egidio da Viterbo. Le immagini dell’arte (Del Piombo, Michelangelo, Tiziano), del cinema e della fotografia. Le mura, illuminate perennemente con un nuovo progetto. La proiezione internazionale con Avignone e non solo quello. Cose vecchie e cose nuove, amalgamate e servite in tavola, nella speranza che convincano chi dovrà decidere. Non hanno convinto, intanto e per quello che conta, i Soliti Disfattisti, che pensano che Viterbo sia immatura, se non inadeguata, alla candidatura.
Tantissima roba, forse troppa: “Ma sulla scia di quello che il Comune ha già fatto e per quello che ha già investito – ricordaMargottini – E poi non si tratta di castelli in aria, ma di progetti che trovano copertura economica da fondi europei, regionali, comunali, della Fondazione Carivit e speriamo anche dei privati. Comunque saranno cose che resteranno“. “È Viterbo che cerca finalmente di comunicare con potenza la sua significatività storica e culturale”, ribadisce Mattioli. Per Filippo Rossi, che parlava di cultura quando il termine era sconosciuto alla maggior parte dei viterbesi, “essere arrivati a questo punto è già una grande vittoria”.
Parlerebbero per ore, i membri della commissione, dopo aver lavorato per giorni indefessamente (“e gratis”, ci tengono a precisare). Il risultato sembra valido, anche se per vincere bisognerà tener conto anche di altri fattori. Perciò la conferenza finisce proprio all’ora di pranzo: perché per il momento con la cultura qui ancora non si mangia, ed è opportuno provvedere con mezzi propri.