15112024Headline:

Acqua azzurra, acqua chiara, acqua pubblica

Ma il vero nodo resta la gestione: perché no a Talete e sì a consorzi di comuni?

Associazioni e movimenti ribadiscono il loro netto no alla privatizzazione del servizio idrico

Associazioni e movimenti ribadiscono il loro netto no alla privatizzazione del servizio idrico

Pubblica, partecipata e potabile. E’ all’insegna delle “3P” la versione in salsa viterbese della Giornata mondiale dell’acqua. Nella Sala degli Almadiani, si danno appuntamento le varie sigle e associazioni che da anni e con lodevole abnegazione portano avanti i discorsi relativi alla reale pubblicizzazione delle risorse idriche. Daniele Cario (Solidarietà cittadina), Paola Celletti (Usb), Gianluca De Dominics (Movimento CinqueStelle), Chiara Frontini (Viterbo 2020), Renato Lombardi (Forum acqua pubblica) e Luigi Telli (Rifondazione comunista) sciorinano il cahier de doleances contro l’attuale situazione.  Si comincia dall’arsenico, i cui livelli risulterebbe ancora elevati “in alcuni comuni e in alcune zone”, scandisce Paola Celletti che aggiunge: “Come si controlla se la concentrazione è nei limiti imposti dalla legge? D’accordo i dati della Asl sono on line , ma non tutti i cittadini hanno la facoltà e le conoscenze per usare il pc. E i dearsenificatori? Dovevano essere 3, ma ci risulta che solo uno sia in funzione”. Con una sottolineatura non da poco: “Fino alla fine di quest’anno se ne occuperà la  Regione, ma dall’anno prossimo toccherà a Talete con una spesa di circa 15 milioni di euro. Chi pagherà? Tutti noi attraverso le bollette”. Il consigliere comunale Gianluca De Dominicis ci aggiunge il carico: “Per più di 10 anni i cittadini di questa terra hanno pagato tariffa intera per usufruire di acqua non potabile. E adesso pensano di risolvere tutto con la cessione ai privati? Non va bene perché il loro fine sarebbe solo l’utile, invece questo è un tema al quale anche la fiscalità generale deve contribuire”. La collega Chiara Frontini annuncia la raccolta di firma (ne servono 3mila) per un referendum comunale per ribadire la gestione pubblica dell’acqua: “Era stato sancito – spiega – dalla consultazione popolare del 2011, ma evidentemente qualcuno se ne è dimenticato”.

Il nodo per i fautori dell’iniziativa è la mancata applicazione della legge regionale n.5 del 2014 in cui all’unanimità si stabilì che la gestione delle risorse idriche deve essere totalmente in mano pubblica, attraverso consorzi di comuni. “Lunedì 20 – aggiunge Lombardi – in un incontro con l’assessore Refrigeri cercheremo di attuare la definizione dei bacini idrici, che è il primo passo per la concreta attuazione di quel provvedimento, finora inapplicato. In tutto il Lazio ne abbiamo individuati 19, dei quali 5 nella Tuscia”. Varrebbe la pena ricordare che è stato sollevato dallo Stato un conflitto davanti alla Corte costituzionale e che questo ha di fatto bloccato l’attuazione.

Paola Celletti (Usb) e Luigi Telli (Rifondazione comunista)

Paola Celletti (Usb) e Luigi Telli (Rifondazione comunista)

C’è anche il il cosiddetto decreto “sblocca Italia” nel mirino. In particolare, l’articolo 7 che consente la gestione del servizio idrico a chi già in una regione gestisce il 25% del servizio. “E nel Lazio tale situazione riguarda esattamente Acea – aggiunge Luigi Telli – cioè le banche francesi e Caltagirone e tutti quelli che stanno dietro”. Magari converrebbe dire che il 51% di Acea è di proprietà del Comune di Roma, quindi in mani pubbliche.

E Talete? “Una fabbrica di debiti” è la risposta unanime. Ma questa società non è forse nata per volontà di 60 comuni (su 61) della Tuscia e non è totalmente pubblica? E perché finora non ha funzionato, mentre dovrebbero funzionare i consorzi composti dagli stessi sindaci e dalle stesse amministrazioni comunali che poco o nulla hanno fatto in questi anni, contribuendo così a generare l’attuale montagna di debiti? E se la politica (tutta, indistintamente)  non è stata capace di gestire una società che pure incassa ogni anno decine di milioni di euro, perché di colpo dovrebbe farlo benissimo con i consorzi? D’accordo, cambierebbe la natura giuridica delle società, ma con ogni probabilità la sostanza resterebbe inalterata. E come la mettiamo con i comuni che contestano la lettera della Regione con cui si intima di cedere il servizio a Talete, e che invece dovrebbero cominciare a mettere ordine in casa propria, magari costruendo e mettendo in funzione i depuratori? Troppe domande senza risposte adeguate. Le intenzioni sono belle e condivisibili, ma vanno calate nella realtà. La strada delle utopie. splendide ma forse irrealizzabili, dove porta? Se il pubblico, nelle sue emanazioni territoriali (sindaci e amministrazioni comunali) si è dimostrato incapace di gestire con saggezza le risorse idriche, non c’è proprio da scandalizzarsi se la patata bollente passi nelle mani dei privati: Acea ha fatto utili per 66 milioni di euro nell’ultimo bilancio, ma di questi oltre la metà sono finiti nelle casse del Comune di Roma e quindi a disposizione dei cittadini romani. E che c’è di strano?

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