Tagli, tagli, tagli. E mai nessuno che riesca a ricucire uno strappo sempre più glaciale e tangibile. Si torna a parlare di Villa Buon Respiro. Struttura ospedaliera viterbese facente capo al San Raffaele spa. Leader nel campo della riabilitazione e punto di riferimento nella ricerca e nel panorama della sanità nazionale. Stando almeno alle informazioni del sito internet dedicato.
“All’interno non c’è pace per i lavoratori e per i pazienti – annuncia Antonella Ambrosini, segretaria provinciale sanità, sponda Cgil – Sono infatti stati licenziati quattro medici, un infermiere e un educatore”.
Sei persone a spasso, per farla breve. E non è l’unica volta che nel caseggiato sito in strada Filante si arriva ai ferri corti. La prima grana (nemmeno troppo lontana nel tempo) ha messo l’uno contro l’altro i vertici del Buon respiro e la Regione. Si è sfiorata addirittura la chiusura, per problemi legati all’accreditamento. “Con conseguente ripercussione sui lavoratori – prosegue la Ambrosini – che non avevano la certezza del mantenimento del posto. E, per logica, sui pazienti, che correvano il rischio di essere trasferiti altrove. O peggio, di tornare nel proprio nucleo familiare, con tutto il disagio che ciò avrebbe comportato per loro e per i propri cari”. Ammesso che i “propri cari” esistessero. Lo scenario peggiore è stato quello di vederli finire chissà dove. “Siamo consapevoli che tutto ciò è stato millantato come ricatto nei confronti di chi doveva esprimersi sulle problematiche – aggiunge – ma chi in quel momento si è trovato in mezzo al fuoco incrociato ha vissuto attimi veramente spiacevoli”.
Secondo colpo duro. Sistemati gli accreditamenti si è poi passati alla mancanza di liquidità. Non girata, sempre a detta della proprietà, ancora una volta dalla Regione. “E quindi ecco spuntare pure i ritardi sull’erogazione degli stipendi – illustra sempre lei – che sono stati dati anche con venticinque giorni di ritardo. A chi andava a chiedere spiegazioni non veniva concessa nessuna risposta”.
E si arriva ai giorni nostri. Al presente. Ora il dilemma viene definito “organizzativo”, ma le dinamiche di contorno poco cambiano. “Nei giorni scorsi sono stati licenziati sei lavoratori – rimarca ancora il volto Cgil – di cui quattro medici, un infermiere e un educatore”. Non solo: “Ci risulta che non saranno gli unici, purtroppo ne seguiranno altri. In queste condizioni se qualcuno ha bisogno di soccorso durante la notte o nei festivi, gli operatori devono chiamare il 118.”.
Una situazione insostenibile, in sostanza. Sulla quale l’area sindacale ha intenzione di andare a fondo. “La proprietà sicuramente ha rispettato i requisiti richiesti per gli accreditamenti – chiude la Ambrosini – ma vogliamo capirci qualcosa in più, e cioè se i pazienti ricoverati rispondono ai posti che la Regione ha concesso in convenzione, o se invece la malattia degli stessi risulta essere più complessa.
A breve invieremo una richiesta alla Asl perché effettui tale verifica. Siamo certi che sarà dimostrato che i pazienti, di quei professionisti che sono stati licenziati, non possono proprio farne a meno”.