Quando si parla del destino delle persone, è sempre opportuno usare il massimo tatto condito da una totale condivisione. Poiché la sorte dei 46 precari della Provincia rimasti senza lavoro e senza stipendio dal 31 dicembre sta evidentemente a cuore a tutti. E una soluzione positiva è negli auspici generali. Con un comunicato di ieri mattina i lavoratori prendono una posizione abbastanza netta, minacciando azioni legali qualora non si arrivasse ad una positiva conclusione della loro vicenda. “Ci sentiamo presi in giro” scrivono – la Provincia sta giocando con le legittime aspirazioni occupazionali di 46 persone che hanno lavorato per l’ente per oltre 10 anni e che hanno superato un concorso pubblico. Sono tre mesi, da quando a fine anno i nostri contratti sono scaduti, che assistiamo a un continuo rimpallo di responsabilità per giustificare la nostra mancata proroga”.
“Eppure – aggiungono – quando a fine anno erano rimasti a disposizione circa 38mila euro per farci lavorare un altro mese, la dirigente del Personale si è rifiutata di firmare la proroga. Proroga che poteva legittimamente esser effettuata per tutti noi 46 lavoratori caricati sullo stesso progetto. A maggior ragione può esser fatta ora che la Regione ha fatto slittare fino al 31 ottobre il progetto Tuscia inFormazione – Azione Work Experience, ma, di nuovo, dalla Provincia sollevano problemi e perdono tempo. La questione adesso sarebbe la mancanza di fondi. Eppure, nella riunione in Regione di pochi giorni fa, alla presenza del consigliere regionale Enrico Panunzi, dei rappresenti della Pisana e di Palazzo Gentili, proprio dalla Regione è arrivata la disponibilità a reperire i fondi per le nostre proroghe. Quindi, di che parliamo? La verità è che la Provincia, seppur formalmente disponibile a risolvere la questione, di fatto ci ha scaricati e sta accampando scuse su scuse per non farci lavorare e perdere tempo”.
“Visti gli annunci pubblici sul nostro rientro il 1° aprile – anche il presidente Marcello Meroi lo ha detto in una riunione – aspetteremo il 27 marzo, data in cui dovrebbero essere approvati alcuni emendamenti proposti dall’Upi alla legge di Stabilità, che consentirebbero di superare i problemi tecnici sottesi al nostro rientro al lavoro. Se per quella data – concludono – non saranno ancora stati predisposti i contratti, saremo costretti a rivolgerci al giudice del lavoro al fine di veder riconosciuti i nostri diritti, nonché alla magistratura contabile e penale affinché vengano accertate eventuali responsabilità sulla gestione della vicenda dei precari in Provincia. Non siamo più disposti a essere presi in giro e faremo valere i nostri diritti in tutte le sedi opportune”.
Ribadita la totale solidarietà ai lavoratori, vanno contestualmente ribaditi anche alcuni concetti: quei 38mila euro di avanzo di gestione servirebbero a pagare 16 giorni di lavoro part time a 20 ore settimanali; è vero che Tuscia inFormazione – Azione Work Experience è stato rinnovato, ma per consentire il rientro di quei 46 precari servirebbe un milione di euro (200mila per gli stipendi e 800mila per il progetto vero e proprio, che quindi dovrebbe essere completamente riformulato). Non più di proroga, quindi, si tratterebbe, ma di un’iniziativa ex novo. L’attuale normativa consente tutto questo?
Ma c’è un’aggiunta nient’affatto irrilevante: nel momento in cui la Provincia deve ridurre della metà i propri dipendenti come si potrebbe giustificare l’utilizzazione in sovrannumero di 46 lavoratori? Una evidente contraddizione che potrebbe essere oggetto di contestazioni d’ogni genere. Questa, purtroppo, è la situazione. Che non dipende né dagli amministratori (provinciali e regionali), né dai vari responsabili dei servizi: è la legge a stabilirlo. Ora la speranza è legata all’accoglimento degli emendamenti proposti dall’Upi: se passassero, si aprirebbe qualche spiraglio. Con il dovere di ricordare anche che cosa è recentemente successo con l’Imu agricola: nonostante gli sforzi comuni di opposizione e di diversi componenti della maggioranza, gli emendamenti sono stati cancellati e il provvedimento è diventato legge. Questo per dire che l’aria che tira è tutt’altro che propensa a concessioni di qualsiasi genere.