Mentre qui si starnazza allegramente (ah, care vecchie oche giulive: voto 2 escluso il foie gras al quale va un voto 11) sulla candidatura a capitale italiana della cultura, altrove si fanno le cose. Tipo a Milano, città bruttina ma laboriosa, patria del Gran Lombardo Gadda (voto 9) e di Paolino Maldini (8.5) e sede della Esposizione universale che si inaugurerà di qui ad un mese. Ecco, questo è il punto.
Ad Expo sarà presente anche la Macchina di Santa Rosa (voto 10, per principio). Cioè, per ripetere il concetto: la Macchina, la nostra Macchina, la tradizione secolare di questo buco di provincia, sarà montata in tutti i suoi 28 metri ed esposta nel padiglione di Eataly, al centro, nel giardino, come ha raccontato il grande capo del marchio di eccellenza enogastronomica nazionale Oscar Farinetti sabato a Il Messaggero. Voto 8 a Farinetti e voto 10 a Vittorio Sgarbi, che ascoltando i suoi amici viterbicoli ha reso possibile questo capolavoro (e voto 10 anche all’assessore Barelli, che per questa cosa resterà nella storia della città, alla faccia di chi lo sbertucciava fino a qualche mese fa).
Un evento epocale, da far venire i brividi. Perché fino ad ora la Macchina non si era mai mossa da Viterbo, era rimasta in una dimensione strettamente locale, e nonostante le citazioni sulla stampa nazionale e internazionale, i filmati su Youtube, il classico passaparola tra i turisti, nessuno l’aveva mai vista fuori dal suo contesto naturale. Un po’ come quegli animali rarissimi (il trampoliere nano dell’Afghanistan, il luccio maculato del Rio Negro, l’orso muto della Val Seriana) che si scoprono soltanto dai documentari.
L’occasione è clamorosa, va ripetuto. Perché da anni si favoleggiava di “esportare” la tradizione fuori dalla città, in Italia e nel mondo. Se ne parlava, ma senza avere né i soldi né la più pallida idea di come fare.
Oggi invece questo scenario è diventato realtà. A Milano, per Expo, dove sarà esposto il meglio dell’Italia sotto gli occhi del mondo. E va bene che ci saranno quadri e statue uniche, il massimo del patrimonio artistico nazionale (tanta roba), e ci saranno altri tipi di eccellenze, dal cibo ai vini, dalla moda all’alta tecnologia, però solo Viterbo avrà un’ambasciatrice alta quasi trenta metri, splendida e splendente, simbolo di fede e di appartenenza, di stile e di tradizione. Insomma: unica. Impossibile non notarla, la Macchina, anche per un visitatore uzbeko gonfio di vodka (voto 9) o di limocello (voto 8). Impossibile resistere alla tentazione di chiedere cosa sia questo affare, da dove venga, a cosa serva, perché sia stato creato e perché resista da secoli. Sarà difficile spiegarlo a parole, è la solita storia che capita prima o poi a tutti i viterbesi: raccontare la Macchina, il Trasporto, Santa Rosa, a voce a chi non l’ha mai vista e vissuta è praticamente impossibile, o inutile. E alla fine si resta sempre con quella sensazione a metà tra il deluso e l’imbarazzato per non essere riusciti a rendere bene l’idea della magìa del 3 settembre.
Chissà se ad Expo riusciranno a capirlo e/o a spiegarlo, l’incantesimo. Chissà se quaggiù, cinquecento chilometri più a sud (da casello a casello, voto 7) saremo in grado di sfruttarne i benefici, semmai dovessero arrivare. Chissà se il momento eccezionale non riesca pure a risolvere l’acredine tra Comune e Facchini (come si può raccontare, una Macchina senza Facchini? Come si può giustificare la loro assenza istituzionale?). Chissà se alla fine non ci dovremo persino ingelosire, perché la nostra piccola santa è andata a farsi un giro fuori porta, dopo anni (decenni, secoli) di sedentarietà o di fedeltà. Chissà se saremo davvero pronti ad aprire il nostro cuore al resto del mondo. Rosa, aiutaci tu, come sempre: voto 10.