Il colpo di scena non c’è stato, o almeno quello più clamoroso paventato alla vigilia. Dall’audizione di monsignor Antonio Mennini alla commissione parlamentare sul caso Moro – presieduta dal deputato viterbese Giuseppe Fioroni e della quale fa parte anche il senatore Sposetti – non è arrivata la conferma che avrebbe cambiato la storia del rapimento e dell’uccisione dell’allora presidente della Democrazia cristiana. Il prelato, attuale nunzio apostolico in Gran Bretagna e all’epoca, nel 1978, giovane confessore di Moro, ha anzi smentito categoricamente la verità, spacciata dall’ex presidente della repubblica Cossiga, secondo cui avrebbe incontrato e impartito l’estrema unzione al politico durante gli ultimi giorni di prigionia nel covo delle Brigate rosse.
“Purtroppo non ne ho avuta la possibilità – ha detto Mennini, ai tempi vice parroco della chiesa di Santa Chiara, in piazza dei Giuochi delfici – ma se l’avessi avuta, nel rispetto dei miei doveri di sacerdote, ne sarei stato molto contento. In ogni casose avessi avuto un’opportunità del genere credete che sarei stato così imbelle, che sarei andato lì dove tenevano prigioniero Moro senza tentare di fare niente? Sicuramente mi sarei offerto di prendere il suo posto, anche se non contavo nulla , avrei tentato di intavolare un discorso, come minimo di ricordare il tragitto fatto. E poi, diciamo la verità, di che cosa doveva confessarsi quel povero uomo?”.
Mennini, arrivato da Londra dopo che papa Francesco aveva recepito le intenzioni della commissione e del presidente Fioroni, ha poi detto di essere già stato ascoltato due volte sul suo ruolo in questa storia.
Per Fioroni, comunque, la testimonianza ha portato comunque nuovi contributi ai lavori dell’organo parlamentare: “”Mennini ha comunicato una cosa per tutti noi totalmente nuova – ha spiegato l’ex ministro – Cioè che il professor Nicolai (Valerio Morucci, ndr) nella telefonata del 5 maggio lancia un messaggio finale alla signora Moro, comunicandole che la persona da lei indicata e che dovevano rintracciare non era stata reperita e che quindi si doveva tornare a far ricorso a don Mennini per lasciare la missiva in cui il presidente Moro annunciava la fine della propria vita di lì a pochi giorni. Questo conferma che c’era un canale di ritorno che stando alle conoscenze fino ad oggi acquisite, si interrompe intorno al 5 di maggio, poco prima o poco dopo. La signora Moro ha fatto riferimento ad altri che non avevano espletato il ruolo di postino nei confronti della famiglia. Se si aggiunge che il telefono del monsignore era intercettato e che il nastro di quella conversazione è scomparso e che nell’ordinanza Ciampoli si afferma che alla fine Moro muore perché anche l’ultimo canale coi rapitori era sparito, questi nuovi fatti assumono una certa rilevanza. Tutto questo adesso sarà oggetto di lavoro da parte della commissione”.