Recentemente nel nostro Belpaese e modestamente, anche a Viterbo, sono accaduti nuovi episodi di bullismo di cui non voglio parlare nello specifico per non dare nemmeno un minuto di ulteriore notorietà ai protagonisti. Parliamone in generale, piuttosto.
La scuola, si è visto, è un luogo adatto, l’ideale in tutte le sue pertinenze (cortili, bagni, aule, corridoi) per esercitare questa “attività”, resa oggi più “divertente” dal fatto che la si può diffondere via internet. Il bullo e il suo gruppo di complici pensano di avere così un momento di squallida notorietà. Telefono azzurro fa presente che 34,7% è la quota di ragazzi che ammette di aver assistito o di essere stato vittima di episodi di bullismo. Il 67,9% dichiarano di aver assistito o subito atti di bullismo nell’ambito scolastico. Accade che chi subisce l’atto di bullismo e non ha testimoni, non solo non lo denuncia, ma non ne parla con i prof o i genitori. Nemmeno i compagni di classe o i docenti si assumono sempre questo onere ( per paura? Indifferenza? Sottovalutazione della gravità del fatto?). Sembra che le cose stiano migliorando perché si osa denunciare di più.
Anche la cavalleria si sta muovendo seppur al trotto lento. Mi riferisco al ministro Giannini che presenterà in Senato, il mese prossimo, le linee guida per la prevenzione della violenza a scuola. Dalla direzione generale per lo studente del Miur spiegano che “l’idea centrale è creare un sistema di governance territoriale eleggendo alcune scuole a presidio e punto di riferimento per tutte le altre”.
Personalmente ho dei dubbi sulla efficacia di questa proposta, chiaramente ancora tutto è in fieri; piuttosto parlerei di pene certe per il bullo o la bulla colpevoli. La denuncia è una certezza che non deve mai mancare.