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Artigianale e agricola: che birra

A Tobia una giovanissima azienda che si è già ben inserita nel mercato

Paolo Scafati [ il titolo della Bai,insieme a Paolo Graziani

Paolo Scafati. titolare della Bai di Tobia, insieme al socio Paolo Graziani

Loro sono due: in comune hanno il nome (Paolo), ma non il cognome (uno Graziani, l’altro Scafati). Coltivano l’orzo, lo maltano, ci fanno la birra (artigianale, of course, anzi agricola), la imbottigliano, la etichettano e la distribuiscono. In poco più di due anni (partenza luglio 2012), il marchio BAI, Birra Artigianale italiana, è già noto e apprezzato tra i cultori della materia. Ed è un marchio rigorosamente made in Tuscia, Tobia per la precisione.

“Tutto comincia nel 2008- 2009 – racconta Paolo Scafati – quando ho conosciuto Paolo Graziani. E’ nata un’amicizia e da lì il passaggio a lavorare insieme è stato quasi naturale. Avevo un po’ di terra, dove fra l’altro si coltivava anche l’orzo. E così è nata l’Azienda agricola Meonia. Contestualmente, ragionandoci su, abbiamo pensato di utilizzare tutte l’area coltivabile per produrre orzo. E così si fa con l’orzo? La birra, naturalmente…”.

Una birra artigianale, naturalmente…

“Artigianale e agricola”.

Che significa?

“Allora la birra artigianale utilizza gli stessi procedimenti di quella industriale, ovviamente in scala molto più piccola: parlo di una capacità di 5mila litri rispetto a 5 milioni di litri delle grandi aziende. Ma il modo di produrla è sempre uguale. In più noi utilizziamo in larga misura orzo prodotto da noi stessi. In questo senso, la nostra è agricola. Attualmente, per la nostra produzione utilizziamo circa il 60% di orzo coltivato qui a Tobia; il resto lo compriamo dal mercato”.

Insomma una filiera quasi diretta.

“Esattamente. L’altro prodotto che acquistiamo è il luppolo. In Italia, per quanto mi risulta, ci sono piantagioni in Veneto e in Trentino. Noi preferiamo utilizzare quello tedesco e inglese per alcune specifiche caratteristiche di amaricante. In più il luppolo ha anche una funzione di conservante. Ma la nostra birra ha anche una peculiarità assoluta”.

I tre tipi di birra attualmente prodotti dalla Bai

I tre tipi di birra attualmente prodotti dalla Bai

Quale?

“I processi lavorativi sono fatti tutti  a mano e a fuoco vivo. Proprio così. Per quello che si definisce ammostamento, nelle grandi industrie utilizzano timer programmati: il mostro deve bollire ad una certa temperatura per un certo minuti di minuti, poi la temperatura deve aumentare o decrescere, e via di seguito. Noi lo facciamo utilizzando un semplice termometro e un banale cronometro, mescolando il liquido nel pentolone con un mestolo di faggio. Credo che qualche differenza ci sia… Basta gustare il prodotto finale per rendersene conto”.

Con un altro segreto… 

“Sì, il nostro impianto di produzione ce lo siamo costruito interamente da soli. Assemblando pezzi trovati qua e là o acquistati in ferramenta. Un ‘fai da te’ anche nell’ideazione e nel montaggio”.

I risultati?

“Devo dire che la nostra birra piace a molti. Siamo presenti nel Lazio in tantissimi punti vendita, un po’ meno nelle altre regioni”.

Un limite, evidentemente.

“Me ne rendo conto. Ma il fatto è che facciamo tutto noi due. Produzione, commercializzazione, etichettatura… Ripeto: tutto. Potremmo con i nostri mezzi produrre fino a 2500 litri di birra a settimana; in realtà, ci fermiamo a 1700-1800. Proprio perché non è materialmente possibile fare di più”.

Quanti tipi di birra producete?

“Attualmente tre. Una chiara ale (cioè ad alta fermentazione) doppio malto; un’altra chiara aromatizzata allo zafferano (biologico e prodotto in Umbria) e ancora una rossa ancora ale in stile inglese”.

Degustazione guidata della birra artigianale e agricola prodotta a Tobia

Degustazione guidata della birra artigianale e agricola prodotta a Tobia

I prossimi prodotti?

“Stiamo lavorando ad una birra più amara e più alcolica e ad una più leggera, diciamo estiva”.

E sul piano generale?

“E’ chiaro: vogliamo aumentare la produzione. E quindi dovremo convincerci ad utilizzare qualche aiuto”.

Come risponde il mercato?

“Bene, il mercato tira. Basta farsi un giro nei pub per rendersi conto che i prodotti artigianali italiani, il nostro in primis, non hanno nulla invidiare a quelli inglesi o irlandesi. Con un passaggio che non posso non sottolineare”.

Quale?

“La pressione fiscale è intollerabile. Il nostro è un settore che tira, ma lo stato ci massacra con balzelli d’ogni genere. Non parliamo di incentivi o spinte di qualunque genere, che non abbiamo mai chiesto. Parliamo di una tassazione soffocante. Prima si chiamavano gabelle, adesso tasse, ma il risultato non cambia. Pensate che in 7 mesi le accise sono aumentate del 30%: è incredibile, ma è la verità”.

Amareggiato o deluso?

“L’uno e l’altro.  Con questo sistema si ottiene solo l’effetto di demotivare gli imprenditori e di disincentivare la voglia di fare impresa. Aumentare a dismisura le tasse, non produce più introiti, anzi forse è vero proprio il contrario”.

Cin cin con una bella birra. Artigianale e agricola, naturalmente.

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