Da questa storia della presidenza del consiglio la maggioranza esce comunque logorata. Lo si capisce quando un consigliere qualsiasi come Marco Volpi (Pd, da Grotte Santo Stefano) esce dall’urna dopo aver votato il suo candidato, con la scheda ancora spalancata. Subito Maurizio Tofani (Oltre le mura, candidato presidente bruciato sull’altare dell’armonia della coalizione), grida alla presidente Frittelli: “Il voto è segreto, non si può mostrare il votooooo”. Imbarazzo. Ma se la maggioranza ha la febbre, il Pd ha l’Ebola. Colpa delle feroci polemiche che qualche giornale in questi giorni di trattative e lotte intestine ha alimentato in modo spietato. Talmente spiegato che certe scene, ieri, hanno messo tristezza.
Tipo quando a chiedere la parola è Melissa Mongiardo, una dei sette consiglieri democratici – la maggioranza del partito – ad avere manifestato posizioni diverse rispetto ai cinque di minoranza fioroniana e oggi ad essere costretta a cedere il passo, dopo un fuoco incrociato di minacce da far impallidire persino Cosa nostra. Incredibile ma vero, nell’era del renzismo, eppure a Viterbo è successo, sta succedendo, forse addirittura succederà.
Melissa ha la voce rotta, ma le idee chiare: “Mi hanno minacciato, mi hanno detto che mi avrebbero cacciata dal mio partito, quello per cui sono stata eletta, soltanto perché avevo una posizione diversa rispetto alla minoranza del gruppo.Incredibile, visto che non esiste il vincolo di mandato. In più, ho scoperto da un giornale di appartenere ad un sedicente ‘partito della Asl’, e solo perché mio padre è medico, primario dalla stessa Asl da oltre dieci anni e ormai prossimo alla pensione. Non vedo cosa ci possa entrare con la mia esperienza amministrativa. Di più: queste illazioni di voto di scambio mi fanno schifo, e anzi ci riconosco un atteggiamento mafioso, una certa stampa che è immondizia (lo dice agitando una copia del quotidiano in questione, ndr). Questa, signori, è politica eterodiretta, e deve finire”.Un abbraccio a Mongiardo, per quel che conta.
Anche Francesco Serra, il suo capogruppo, un uomo che in sala operatoria salva delle vite umane, sembra un pulcino bagnato quando si trova ad affrontare la questione che ha visto anche lui protagonista, suo malgrado. “Ho pensato di dimettermi, dopo aver letto certe cose, dopo il massacro subito, a livello politico ma anche personale. La verità è che c’è chi usa il giornale come i fascisti usavano il manganello. Ma no, non lascio: ho questa tribuna, che mi permette ancora di difendermi e di sperare di poter cambiare le cose”.
Un momento tremendo, visto che i vigliacchi attacchi subiti da una parte del Pd sono stati ispirati, con ogni probabilità, da un’altra parte dello stesso partito. E subito sono arrivati gli attestati di solidarietà. Da Santucci, per esempio, che gela tutti con la seguente frase: “Se riparte la macchina del fango non si ferma più”. Già, la macchina del fango. A Rossi Filippo: “Ho vistp da vicino, a livello nazionale come funziona una macchina del fango (Con Scajola? Con Fini?, ndr) e la so riconoscere. Quelle foto segnaletiche di alcuni consiglieri, sparate sul giornale, fanno soltanto schifo, e sono simbolo di un dibattito cittadino malato. Avete tutta la mia solidarietà”.
Intanto, tra il pubblico, il segretario comunale del Pd Calcagnini vigila sulle operazioni di voto, o di vuoto. Per controllare che tutto vada secondo gli accordi e secondo le telefonate romane. La giunta Michelini ha vinto un po’ di ossigeno. Vedremo quanto durerà, e quanto durerà questo Pd dilaniato dai veleni e dai padrini.