È arrivato in città un anno fa. Col suo 49 e mezzo di piede e con quel cognome un po’ così (che neanche a Genova di sicuro s’era mai sentito prima). Si chiama Markel, e fin qui ci può anche stare. Peccato però che dopo il nome, sulla sua carta d’identità si trova scritto Zatika Barranetxea. Cognomi alquanti anomali (quasi impossibili da pronunciare) ereditati da padre e madre. Che, tradotti in un italiano da bere, lo convertono in Marcello a pezzi dentro casa. Questioni di origini, in ogni caso. E guai a toccare le tradizioni di un basco. Nel nord della Spagna su certi argomenti si scherza poco.
È rimasto qua per tre mesi. Successivamente è rincasato. Ma, nonostante gli acquazzoni invernali, negli ultimi quindici giorni si è riaffacciato a Viterbo. Come mai? Viene da chiedersi. E cosa ha notato un estraneo alla sua seconda volta nella Tuscia? Meglio girare l’interrogativo al diretto interessato. Giacché quattro parole di italiano le conosce e di chiacchierare ha sempre voglia.
Partiamo dal passato. Cosa spinge un basco a farsi 1400 chilometri?
“Semplice. Sono un acquacoltore”.
Sceso quaggiù a controllare i valori dell’arsenico?
“No, ci mancherebbe. Mi occupo di coltivazione acquatica. Pesci, vegetazione e tutto ciò che riguarda l’acquario”.
Un uomo tanto grande che tratta bestiole tanto piccole.
“A Capranica c’è una ditta specializzata. La NsAqua. Da loro ho affrontato uno stage lavorativo”.
Per poi tornare in patria.
“Già. Ottima esperienza”.
Ed ora?
“In cento giorni ho fatto amicizia con molta gente…”.
Pure a Bilbao è arrivata la saudade?
“Si. Ma precisamente a Lekeitio. Golfo di Bizkaia”.
Ok, geolocalizzato. Come sta messa Viterbo un anno dopo?
“Identica ad un anno prima, in sostanza”.
E questo è un bene?
“Nì, direste voi”.
Note dolenti. Approfondiamo il “no”.
“Non si può bere una birra in santa pace”.
Mica ci sta il coprifuoco.
“Peggio. Al centro le auto sfrecciano nei vicoli più stretti”.
La notte?
“Certo. Ma anche di giorno. Perché non chiudere il traffico ai mezzi?”.
Bella domanda.
“Da noi fino alle 13 è tutto aperto. Le attività devono campare”.
E poi?
“Poi un padre è libero di lasciar correre i bimbi. E una madre può godersi due vetrine”.
E qui si torna al turismo.
“Ho seri dubbi su questo argomento”.
Del tipo?
“Pare che non interessi. Sembra che le cose siano fatte solo per i residenti. Che però non bastano a far girare l’economia”.
Quindi?
“I mezzi pubblici girano vuoti. Poche le iniziative culturali. Le strade sono un disastro. E poi c’è tanta immondizia”.
Non si salva proprio nulla?
“Chiaro che si”.
Cosa?
“La gente. Accogliente e disponibile. La storia, che ha lasciato scorci incredibili. E la gastronomia”.
Si mangia bene?
“Incredibilmente bene. E a buoni prezzi. La mia seconda vacanza si può serenamente definire gastronomica”.
Però. Tanto vale: Il piatto che domina sugli altri?
“La porchetta. M’encanta la porqueta“.
Solo?
“Il cinghiale. La coppa. Il capocollo…”.
La fiera del maiale, praticamente.
“Stavolta ho avuto la fortuna di girare un poco. Le migliori portate sono quelle preparate in casa. Semplici e saporite”.
Alla faccia della novelle cuisine. Tornerà Markel a Viterbo?
“Sicuramente. Quest’estate forse. Nella speranza che si possa sorseggiare una bibita senza rischiare di essere investiti”.
Eskerrik asko, Zatika Barranetxea.
“Prego, un piacere. E a presto”.