Quindici giorni di proroga, e ne è valsa la pena: sabato, per esempio, penultima data, Sacro e Profano ha fatto registrare quattrocento visitatori in un colpo solo. Nonostante il Carnevale, San Valentino e chissà quali altri appuntamenti decisamente laici. La mostra culturale che dal 23 dicembre ha portato nei luoghi più belli della città i capolavori artistici del patrimonio culturale viterbese, si è chiusa domenica. E in attesa che il Comune (organizzatore, con l’assessorato alla Cultura) ne rivendichi giustamente il successo, vale la pena chiedere un primo bilancio ad Andrea Alessi, che di Sacro e Profano è stato il curatore instancabile, dalla fase di ideazione a quella di allestimento fino ad ogni piccolo aspetto quotidiano.
“Il risultato è più che positivo, e va oltre ogni più rosea aspettativa – dice Alessi – Ancora di più se consideriamo che ci siamo dovuti confrontare con due difficoltà oggettive. La prima consiste nel carattere di una città come Viterbo, particolarmente refrattaria ad eventi del genere e certamente non abituata ad ospitarli, specie in confronto ad altre realtà italiane. La seconda stava nella natura stessa della mostra, che aveva per protagonisti capolavori del patrimonio viterbese ma che era rivolta soprattutto a chi, nel resto d’Italia, non li conosceva”.
Missione compiuta, almeno a leggere gli ultimi dati forniti dal Comune e relativi alla fine di gennaio che parlavano di 12mila presenze, logicamente da sommare a quelle registrate nei primi quindici giorni di febbraio. “I visitatori provenivano da tutta Italia, e lo si capisce dalle testimonianza che hanno lasciato sui registri degli ospiti – spiega Alessi – Non c’erano solo turisti romani, come ha insinuato qualcuno, anche se Roma è il bacino d’utenza più vicino e più importante. Il passaggio televisivo sulla Rai regionale, poi, ha privilegiato anche le presenze dal resto della regione, così come sono stati tanti i gruppi organizzati. E i viterbesi, certo”. Che però magari non firmano il registro.
Domanda: tra tutte le location di questa mostra diffusa (Palazzo dei priori, chiesa di San Silvestro, museo Colle del Duomo, Chiesa del Gonfalone, museo Civico e museo dell’Abate a San Martino al Cimino, per un totale di 23 opere esposte) qual è quella che ha funzionato di più? Alessi non fa differenze, come un buon padre farebbe coi suoi pargoli: “Tutte le sistemazioni hanno funzionato, anche quelle più remote come San Martino. Volevamo esporre i nostri tesori e credo che l’obiettivo sia stato centrato. Esporli per le persone normali, naturalmente, i turisti culturali, ma anche per quegli addetti ai lavori di livello nazionale e internazionale che fino ad oggi ignoravano le cose belle, e importanti, custodite a Viterbo – sostiene Alessi – Questo può aprire anche delle prospettive interessanti per il futuro, o forse le ha già schiuse, anche se è presto per parlarne. Domenica sono stato a Bologna, alla mostra organizzata da Vittorio Sgarbi con tutte opere bolognesi dal Trecento all’Ottocento, visto che si arriva anche a Morandi. Be’, il pezzo migliore di Vitale da Bologna è quello che gli ha prestato Viterbo, e che di solito sta al nostro museo civico”.
Viene da chiedere se il curatore abbia qualche rimpianto, per esempio il mancato scambio di prestiti – per dirla con un gergo da calciomercato – con la mostra di Vicenza, alla quale sembrava destinata La Pietà di Sebastiano del Piombo: “Acqua passata – assicura Alessi – Ce l’hanno chiesta solo tre mesi prima e per queste cose la legge ne prevede almeno sei. Comunque, La Pietà dovrebbe andare alla National gallery di Londra in futuro, e sarà un appuntamento di grande prestigio”.
Insomma, se Sacro e Profano voleva essere anche un punto di partenza per sviluppare la famigerata quanto sbeffeggiata “città d’arte e di cultura”, la missione è compiuta. Ora non resta che lavorare in questa direzione, anche sulle piccole cose: dai cataloghi ad un posto dove venderli (il famoso book shop che il sindaco immagina nei locali al piano terra di Palazzo dei priori), alla promozione, alle idee. Affinché questa esperienza non resti soltanto una parentesi, bella e di successo, ma pur sempre una parentesi.