I palloncini neri e banchi che sull’altare fanno da corona, a stringere Luca in un ultimo struggente abbraccio. La maglia bianca numero 9 di centravanti degli Allievi del Castel S. Elia. La maglia gialla e blu della Rappresentativa provinciale Giovanissimi con la quale vinse il il titolo regionale due anni fa: col numero 18, cioè due volte 9. Perché Luca era davvero bravo, come due centravanti. E soprattutto era un bravo ragazzo: il figlio che tutte le mamme e tutti i babbi vorrebbero avere e al quale affiderebbero volentieri la propria figlia.
Papà Gilberto è in prima fila a trasportare il feretro a spalla lungo i tornanti che portano alla Basilica di Sant’Elia. Una interminabile via crucis guidata dal vescovo della diocesi di Civita Castellana, monsignor Romano Rossi. Applausi fragorosi salutano il feretro, tutto bianco. Una distesa di fiori lo accoglie nell’antichissimo tempio romanico. Tanti, tantissimi: soprattutto gigli bianchi. Ci sono i cestini del Besta, dove Luca Graziosi frequentava il secondo ragioneria, quelli del Colasanti (l’altro istituto superiore civitonico), quelli del Civita Castellana Calcio Giovanile dove giocava l’anno scorso, quelli della squadra di casa dove era cresciuto facendo tutta la trafila del pallone dei piccoli (primi calci, pulcini, esordienti) e dove quest’anno era tornato.
I primi cittadini Rodolfo Mazzolini (Castel S. Elia) e Gianluca Angelelli (Civita Castellana) doverosamente presenti, ma in disparte: non è il momento delle istituzioni. E’ il giorno del dolore popolare e urlato al cielo, delle lacrime che solcano senza ritegno il viso di tutti: adulti e soprattutto giovani. Tantissimi e palpabilmente commossi. E quando l’emozione prende il sopravvento, ecco scoppiare l’applauso liberatorio. “E’ la curva che saluta il suo campione” chiosa compiaciuto il vescovo durante l’omelia.
E’ un trionfo di colori che si mescolano e che si fondono: non suoni blasfemo, ma è davvero una festa di popolo in onore di quel sedicenne che se ne è andato troppo presto, per accompagnarlo nell’ultimo viaggio terreno. Al termine della funzione, il feretro sempre portato a spalla torna sul piazzale: i palloncini bianchi e neri (perché quel ragazzo era profondamente tifoso della Juventus) vengono liberati e volano verso il cielo, accompagnando simbolicamente il volo di Luca. “E lassù – conclude monsignor Rossi – c’è un mister molto bravo. Il più bravo di tutti. Ricordati di salutarlo”.