Se è vero che le rivoluzioni (comprese quelle culturali) dovrebbero partire dal salotto di casa, ecco la prima idea a portata di mano. Considerazioni di contorno. Quanto pagate mensilmente i colossi del cavo per avere una linea internet? E, soprattutto, quanto vi soddisfano le promesse televisive di Panariello, Fiorello, e altri personaggi più o meno noti che non necessariamente finiscono per “ello”?. Poco, in genere. Poiché ogni trenta giorni qualsiasi contratto prevede un esborso di denaro notevole. A fronte di una capacità (i cosiddetti Mega) di norma inferiore a quanto sottoscritto in fase d’accordo.
Così vanno le cose. Dall’alba della rete in città. E così, sembrerebbe, continueranno ad andare sempre. O forse no. Già, perché adesso si ha la possibilità di modificare i piani imposti dai signori dei palazzi. In che modo? Con un progetto no-profit, innanzitutto. Dove nessuno guadagna e tutti hanno una rete decente. Una rete cittadina. Sociale. In grado di arrivare low cost in ogni pinzo della Tuscia.
Il contenitore si chiama Noinet. Lo propone l’Arcipelago Scec, quello della moneta alternativa. Ma questa è un altra storia. Importante invece è capire come funzionano le dinamiche. A livello locale. “Al momento l’esperimento si sta allargando a macchia d’olio da Roma – dice Antonio Di Stefano, promotore su Viterbo – è necessario che le antenne si mettano in tam tam. L’una deve vedere l’altra. La fortuna ha voluto che risulti determinante, nell’ammappamento, Oriolo.
Coi soldi avanzati dalla sagra del fungo porcino anche il borghetto a due passi dalla Capitale entrerà in Noinet. E quindi pure la nostra provincia”.
Ok, ma come funziona? “Si va sul sito dedicato e ci si pone come ‘persone interessate’ – prosegue – ne bastano cento per avviare il meccanismo. Con duecento euro a testa si avrà già internet a casa. Il canone mensile è di venti euro. Trentaquattro per le aziende. E più siamo e meno si spende”.
Non male. Ma non è che si rischia di cadere in un servizio di basso rendimento? “No – aggiunge – perché si diventa a tutti gli effetti proprietari della rete. Ognuno sceglie la sua portata preferita. Ma l’importante è sapere che si avranno sempre un minimo di download e di upload pari a 10 megabyte. Sette in più rispetto alla concorrenza. E stiamo parlando della soglia di partenza assicurata”.
Oggi come oggi sono già 65 gli utenti disposti al salto. A breve quindi si arriverà al gruppo di acquisto. Di un bene che lo stesso circuito definisce indispensabile “come l’acqua, ma senza arsenico”.
“Se non bastasse chiunque può gratuitamente formarsi – parla sempre lui – nel senso che serviranno un sacco di tecnici in giro per allacciare tutto. Quindi si creerà anche occupazione sul territorio. E poi dietro c’è un ulteriore aspetto. Quello legato all’abbattimento dell’elettrosmog.
Si gira su onde basse, quelle dei cordless. E pure i modem in casa saranno collocati in alto, minimo due metri. Laddove non recheranno danni come quelli che di norma ci piazzano sulle scrivanie”.
Non solo. Trattandosi di un “passaparola a vista”, basterà che uno dei possessori abiti molto in alto, per spedire il segnale ad altri paesi. “O magari per coprire – chiude Di Stefano – siti di interesse archeologico tipo Ferento. Con 100 euro si assicurerebbe wi-fi gratuito ai turisti e video-sorveglianza”.
Ma lo sapranno in Comune? Si, ma non sembrano interessati. Poiché una no profit non è iscritta al registro delle aziende. Peccato. Perché un’amministrazione lungimirante potrebbe avere la sua linea a due spicci. Incrementando con tali servizi attrattive ai visitatori e ai cittadini.