Certo che se esistesse un Nobel per le complicazioni, l’Italia sarebbe il candidato principale con ottime probabilità di successo. Ogni anno, mica una tantum. Anzi ogni mese, visto che è opportuno non porre limiti all’ottusa e ingiusta burocrazia italiota. L’Imu sui terreni agricoli ne è un’esempio mirabile. Introdotta in fretta e furia alla fine di novembre dell’anno scorso quando moltissimi comuni avevano già predisposto i bilanci, prevede non solo che sia retroattiva e che gli stessi comuni siano esattori, ma a scanso di equivoci lo Stato sconta già quelle somme bloccando i trasferimenti. Insomma voi incasserete certe cifre (chissà quando e chissà come), intanto io mi porto avanti e non ve le mando più. Incredibile…
Ma non basta. Per stabilire quali comuni rientrano nella categoria di chi adesso deve pagare l’Imu sui terreni si prendono come riferimento dati Istat di 60 anni fa. Con la conseguenza che se, in precedenza, erano solo Tarquinia e Montalto di Castro a pagare, adesso i comuni della Tuscia esenti saranno una decina al massimo, cioè quelli definiti totalmente montani. E questa è un’altra aberrazione. Perché i terreni del Trentino, ad esempio, dove si coltivano mele sono esenti, mentre quelli viterbesi sono ormai quasi totalmente soggetti all’imposta. E ancora a Montalcino (terra del Brunello) l’imposta non si paga, a Vasanello (dove il vino è buono ma non certo così costoso come in Toscana) si paga.
E non è finita qui. Della Comunità montana Alta Tuscia fanno parte 8 comuni: 7 sono esenti da Imu, uno solo (San Lorenzo Nuovo) no. “Ma come posso – si sfoga il sindaco Massimo Bambini – giustificare questo con i miei concittadini”. Ma c’è dell’altro ancora. L’imprenditore agricolo Fabio Brugnoli, che possiede terreni ricadenti nei territori di Attigliano e Bomarzo, non pagherà per i primi, mentre dovrà versare per i secondi: “E ci fanno pagare – aggiunge – anche i fossi, i torrenti, le aree di rispetto… E le spese che sostengo quando esonda il Tevere?”. L’ultima situazione ha fatto perdere testa e sonno al presidente di Coldiretti Mauro Pacifici. Possiede terreni tra Bomarzo, Viterbo e Attigliano. In certe zone, non pagherà e in altre sì. Ma nelle zone esenti è comproprietaria la sorella, che però non risulta coltivatore diretto. Conseguenza? Si paga anche lì…
Un caos, un autentico caos dal quale si esce in un solo modo: abrogare l’Imu agricola. Ed è quanto chiedono a gran voce gli imprenditori del settore durante un’affollata assemblea indetta da Coldiretti, alla quale partecipano anche diversi sindaci e alcuni parlamentari. “Non si possono tassare i mezzi di produzione come i terreni -tuona il primo cittadino di Viterbo Leonardo Michelini -. E se la semina va male? E se non c’è raccolto? In base alla legge si dovrebbe ugualmente pagare. Ma questo è profondamente ingiusto. Allora si tassi il reddito”. Dai sindaci del centrodestra Caci (Montalto di Castro), Pucci (Canino), Bartolacci (Tuscania), Cianti (Sutri), Menicacci (Soriano) arrivano le mazzate più pesanti verso il governo Renzi. Si associa il consigliere regionale Daniele Sabatini (Ncd): “Insieme al presidente Zingaretti – dice – portiamo avanti una battaglia che va al di là degli schieramenti. Il Lazio è la regione con il maggiore Pil agricolo in Italia e quindi abbiamo i titoli per diventare capofila di una protesta che deve portare alla cancellazione di un balzello concepito male e applicato ancor peggio”. Il vetrallese Massimiliano Bernini, deputato del Movimento 5 Stelle e membro della commissione agricoltura, cavalca la necessità di un lavoro in sinergia: “Intanto – spiega – abbiamo presentato un emendamento che sposta i termini di pagamento al 2016. Chi ci sta, di qualunque gruppo e di qualunque regione, può tranquillamente votarlo”. Alessandra Terrosi (Pd e anch’ella in commissione agricoltura della Camera) rivendica un’attenzione costante: “Siamo in prima fila e lo saremo sempre. E’ stato positivo estendere il numero dei comuni esenti ma non basta: io resto dell’opinione che l’Imu agricola va cancellata”. Per la cronaca, i comuni che pagheranno di più sono Viterbo e Tuscania: qui i proprietari dovranno complessivamente versare circa 3 milioni di euro.
“Parliamoci chiaro – prova a sintetizzare Alessandro Mazzoli (Pd) – questa legge è sbagliata. Ma per esser onesti bisogna anche dire che la battaglia per cambiarla si fa nelle aule del Parlamento, già a partire dai prossimi giorni quando si discuterà la conversione in legge del decreto. A che cosa puntiamo? Ad allungare i termini del pagamento per il 2014 (scadenza a marzo) senza sanzioni o sovrattasse per i ritardatari e continuando a salvaguardare i coltivatori diretti e gli imprenditori professionali, a fare in modo che i comuni applichino le aliquote più basse e ad aprire un confronto per cancellare completamente il pagamento per il 2015”. “In tutto – aggiunge – si tratta di 350 milioni di euro. Che sono una cifra consistente se richiesti ad un unico settore, ma rappresentano poca cosa per il bilancio generale dello Stato. Per di più, con l’ultima finanziaria sono stati deliberati sgravi fiscali consistenti per le imprese. E adesso che si fa? Si prendono i soldi da un’altra parte. E’ sbagliato e noi lo diremo apertamente sia alla Camera che al Senato”.
I massimi esponenti di Coldiretti (il presidente Mauro Pacifici e il direttore Ermanno Mazzetti) possono essere soddisfatti. Gli imprenditori sono concordi e decisi: l’Imu agricola non si paga. E se il balzello sarà mantenuto si arriverà alle manifestazioni di piazza. “Siamo pronti – scandisce l’allevatore Domenico Chierchi – a fare un falò unico con tessere sindacali e certificati elettorali”. La base, come si diceva una volta, è in rivolta: il governo può ancora far finta di niente?