“Con il trattamento di fine rapporto (tfr) in busta paga, un lavoratore con un reddito da 23mila euro può rimetterci in media fino a 330 euro l’anno”. A dare i… numeri è Giancarlo Turchetti, segretario generale della Uil Viterbo, in base a quanto emerge dallo studio realizzato dal Servizio politiche economiche e territoriali della Uil. “Il governo – prosegue Turchetti – sta emanando la circolare per regolare l’opzione di scelta del tfr ‘mensilizzato’ in busta paga. Chi sceglierà tale opzione, però, avrà effetti penalizzanti sulla propria situazione reddituale. Il tfr in busta paga fa infatti alzare il reddito Isee, con un effetto ‘domino’ sul sistema agevolato delle tasse e tariffe locali (asili nido, mense scolastiche, tasse universitarie ecc.)”. Qualche esempio chiarisce meglio la situazione: per una mensa scolastica, a Roma, il costo con un reddito Isee di 12.500 euro è di 50 euro mensili, mentre se si supera anche di 1 euro tale soglia, il costo sale a 54 euro mensili. Sempre a Roma per l’iscrizione all’università La Sapienza la quota annuale con un reddito Isee di 12 mila euro è di 549 euro l’anno, ma con un reddito di 12.001 euro la quota sale a 600 euro l’anno. A Bari chi ha un reddito Isee di 10 mila euro non paga la Tasi, ma, superando tale soglia, si paga con l’aliquota al 3,3 per mille. “Inoltre – aggiunge Turchetti – per effetto della tassazione ordinaria al posto di quella separata si avranno delle penalizzazioni di 330 euro medi l’anno, tra maggiore tassazione (50 euro medi l’anno) e minori sgravi fiscali (280 euro medi l’anno)”.
Ma c’è un ulteriore aspetto da mettere in evidenza: se da una parte la busta paga con il tfr mensilizzato sarà mediamente più pesante di 97 euro mensili, dall’altra questo ‘nuovo introito’ sarà tassato con l’aliquota Irpef ordinaria anziché a tassazione separata. Cosa succederà a chi decide per l’anticipo? Per un reddito di 23 mila euro (imponibile medio lavoratori dipendenti), in busta paga potrebbero scattare 97 euro medi mensili, che salgono a 105 euro per i redditi di 25 mila euro e a 125 euro per i redditi di 35 mila euro, mentre scendono a 76 euro mensili per un reddito da 18 mila euro. E questi per la Uil sono i benefici. “Ma – spiega il segretario confederale Guglielmo Loy – al posto della tassazione separata, che regola sia l’anticipo, sia la liquidazione del tfr, la mensilizzazione comporta l’applicazione dell’aliquota marginale Irpef (cioè quella corrispondente all’ultimo scaglione in cui si colloca il maggior reddito erogato)”. Ciò significa che un reddito di 18mila euro lordi sul tfr annuo pari a 957 euro al posto del 23% pagherà il 27%; un reddito di 23mila euro, su un tfr annuo maturato di 1.209 euro pagherà sempre il 27% anziché il 23,9%; un reddito di 35mila euro su un tfr annuo pari a 1.806 euro pagherà il 38% anziché il 25,3%.
tfr in busta paga, l
“In sintesi – fa notare Giancarlo Turchetti – la tassazione ordinaria è mediamente più pesante di 50 euro annui per un reddito di 23mila euro con punte di 307 per un reddito di 35mila. Ma non solo: il Tfr in busta paga, che sarà comunque escluso dal reddito complessivo per il bonus di 80 euro, si cumulerà con il reddito prodotto nell’anno e inciderà sulla determinazione delle detrazioni d’imposta (no tax area e detrazioni per familiari a carico, sugli assegni familiari). Ad esempio, considerando le sole detrazioni di imposta, un reddito di 23 mila euro ci rimetterà mediamente 280 euro l’anno”.
“Non vorremmo passare per i soliti ‘gufi’, come ama spesso ripetere il presidente del Consiglio a chi lo contraddice, però questa idea del tfr in busta paga come politica per il rilancio dei consumi – conclude Loy – ci pare sia azzardata e rischia di creare anche un ‘piccolo’ buco nel bilancio statale in quanto, a nostro avviso, saranno pochissimi i lavoratori e lavoratrici che opteranno, a queste condizioni, per avere subito il tfr in busta paga”.