La riflessione parte dalla sala dei bottoni del Monte dei Paschi di Siena. La storica banca toscana. Che non solo emette e succhia denaro. Ma talvolta analizza pure. Tramite il preposto ufficio, denominato Area research e Investor relations.
Nella città del Palio si son accorti che la stagione olivicola appena trascorsa è andata maluccio. Tanto dalle loro parti, quanto magari dalle nostre. “Il 2014 ha registrato la peggior campagna a memoria d’uomo – ci fanno sapere – Il calo della produzione è stimato tra il 35 ed il 40%, creando uno shock di mercato che ha prodotto conseguenze rilevanti”.
Perfetto. Svelato il dramma, si può procedere. “La situazione desta grande preoccupazione perché non è circoscritta solo allo Stivale – proseguono – ma riguarda anche la Spagna, il maggiore produttore nel mondo. Nel paese iberico si è scesi quasi del 50%”. E qui già si comprende come in esame venga preso solo il punto di vista commerciale. Meno olive uguale meno guadagno. Meno soldi, in sostanza. Problema che, chiaramente, tocca più le grandi aziende rispetto al piccolo produttore. Che, stando al locale, e parliamo di buona parte della Tuscia, da Canino e Tuscania per arrivare fino alla Teverina, rappresenta invece una fetta di economia (e di storia) fondamentale.
Si tenta di tutelare la micro-economia o le varie “Carapelli” (per dirne una) di turno? Si guarda all’artigianato o all’industria? “Il deficit ha già determinato una impensabile impennata dei prezzi – la risposta – che, da fine 2013, sono raddoppiati”. Perfetto, si sta parlando di industria. Alla faccia dei comuni mortali.
Ma andiamo oltre, le (presunte) cause. “I problemi sono di natura sostanzialmente diversa – sempre il Monte dei Paschi – nel nostro paese un parassita, la mosca olearia, ha attaccato gli oliveti. Mentre gli iberici hanno visto il loro territorio d’elezione, l’Andalusia, afflitto da una siccità senza precedenti.
Ad aggravare ulteriormente la situazione anche un batterio trovato di recente (Xylella fastidiosa) che sta colpendo gli alberi in Puglia”. Passi la mosca (che c’è stata), e passi pure il solleone spagnolo (che in ottica di chilometro zero poco dovrebbe interessarci), la “signorina fastidiosa” è attualmente sottoposta a fase di studio. Prospera sulle zone problematiche della pianta o le secca lei direttamente? Nessuno lo sa. Nel mentre però una buona fetta di fondi europei è stata spesa per un “presunto” fenomeno.
E (sempre) nel frattempo ai piccoli produttori è arrivata anche la mazzata denominata “Imu agricola”.
Non solo, la nuova Pac, la Politica agricola comunitaria, che “ha previsto uno stanziamento di 426 milioni di euro all’anno a sostegno di questo e di altri comparti agroalimentari e zootecnici”, al momento prevede solo rimodulazione e tagli.
Insomma. A conti fatti (e una banca di sicuro sa farli i conti) forse ha ragione il buon Petrini di Slow Food. Che a proposito di Expo (il tema sarebbe “Nutrire il pianeta, energie per la vita”) si è così espresso: “Dove sono i contadini? Se risultano assenti, l’evento è costruito sulla sabbia”. Amen.