“Tranquilli, per adesso non mi dimetto”. Già, per adesso, sindaco Michelini, e scusi se la stampa è accampata qui fuori come uno stormo d’avvoltoi. Ma domani, cioè oggi, è un altro giorno, e le dimissioni è una delle ipotesi in campo. Specie se non si dovesse eleggere il nuovo presidente del consiglio comunale.
Ore 15.30, riproviamoci. In seduta “straordinaria” (uau) il parlamentino di Palazzo dei priori torna a riunirsi dopo la sesquipedale figuraccia di martedì, quando la maggioranza aveva disertato i due appelli – presente soltanto il Sel Paolo Moricoli, che il dio degli scout lo benedica, oltre all’opposizione -, facendo dichiarare al segretario comunale “deserta” la seduta. In un mese dalle dimissioni di Filippo Rossi, e nelle due ore di riunioni forzate prima del consiglio, quelli che da giugno del 2013 governano questa città non erano riusciti a trovare un accordo (e dunque i voti) per eleggere il nuovo presidente. Anche perché nelle more di discussioni infinite, nomi bruciati e altri affumicati, il Partito democratico aveva trovato il tempo e il modo per spaccarsi: un grande classico della storia politica italiana – e viterbese – recente.
Da una parte i fioroniani, cinque (Fabbrini, Bizzarri, Boco, più Scorsi e la sorpresona Minchella). Dal’altra la strana pattuglia renzian-trinariciuta, con Serra (ex candidato alla presidenza), Frittelli, Mongiardo, Quintarelli, Troili, Troncarelli, Volpi). Spaccatissimi, i democratici, visto che ieri sera, nel vertice di maggioranza fissato a Palazzo dei priori per le ore 16.30, quest’ultimi non si sono neanche presentati. Costringendo tutti gli altri – civici compresi – a una lunga e inutile attesa, dato che che i presenti erano già convinti da un pezzo di votare per Tofani (oppure Treta, ma molto in subordine). Erano gli assenti da persuadere, e gli altri hanno dato buca. Ma che pure hanno fatto sapere via telefono (o Sms, o Whatsapp, o piccione viaggiatore) di essere pronti a votare un altro civico che non sia Tofani (o Treta): il favorito della notte a questo punto diventa Sergio Insogna, o al limite Maria Rita De Alexandris.
Comunque, c’è tempo fino ad oggi alle 15.30, anche se è evidente che l’ultimatum del sindaco (“O mi portate un nome condiviso o andiamo a casa”) non ha sortito effetti nei confronti dei sette sull’Aventino, così come sono sembrate sparate a salve le minacce del segretario comunale Calcagnini (fioroniano, per chi lo avesse dimenticato). Ad occhio, servirà molto di più per convincere Serra e compagnia ad allinearsi, e non è detto che basti.
Anche perché sui sette – che poi, va ricordato, rappresentano la maggioranza del gruppo consigliare democratico, e non si capisce perché dovrebbero cedere alla minoranza interna – già circolano le peggiori insinuazioni messe in giro ad arte (indovinare da chi). Del tipo: interessi personali alla voce “sanità” e ripicche per le transumanze in Regione (il passaggio di Valentini nel Pd avrebbe fatto infuriare qualcuno: anche qui, indovinare chi). Magari tutto vero, ma tirarlo fuori adesso, nel pieno della crisi, non contribuirà certo a stemperare gli animi.
In ogni caso, oggi si vota: tutto a posto o tutti a casa.