I ragazzi della Terza C giunge al suo ultimo numero. E giacché il calcio, come la vita del resto, è sempre un discorso circolare, si chiude da come si era partiti.
Dopo di noi ci stanno solo le biglie. Recitava così il primo articolo di questa modesta rubrica. Nel senso che, almeno stando alle regole della Figc, la Terza è proprio l’ultima delle categorie disponibili per tirare quattro calci. Per vivere un po’ di sana e robusta competizione. Per spegnere il cervello e staccare dal tram tram quotidiano.
In realtà però qualcos’altro ci sarebbe pure. Raschiando la base del barile infatti spuntano fuori due altri campionati, racchiusi in quel comparto romantico e tragico denominato “Amatori”. Da un lato il Csi. Dall’altro l’Afiaca. Elencati per ordine di anzianità sul territorio. Le riflessioni pallonare di oggi partono proprio da questi mondi che viaggiano su binari paralleli.
Partiamo dal Csi (che non è il Consorzio suonatori indipendenti). Pochi giorni addietro l’Etrusca si è mossa verso Vetralla per giocare contro il Capranica (che preferisce esibirsi sempre fuori casa). In mattinata la squadra ospitante ha comunicato agli avversari l’impraticabilità del campo. Venti i centimetri di neve. Il Diesse Valiserra ha cosi chiamato i vertici Csi, preoccupato per la trasferta e per i minorenni che si trascina a bordo del pulmino. “Venite, e poi vediamo…”, questa la risposta. Perfetto. All’arrivo oltre alla neve ci stava pure un palmo di grandine. “Forse è il caso di rinviare”, parere concordato dei capitani. “Qui le decisioni le prendo io”, replica secca dell’arbitro. Seguita dal fischio d’inizio. Risultato a parte (per la cronaca, 2-0 in favore dei lacuali) lo stesso Valiserra è stato espulso per proteste.
E sempre lui ha in seguito tentato di inzuppare il fischietto con un tubo in gomma. “Così senti come si sta là in mezzo”. Fortuna che l’acqua non è uscita. Quattro, comunque, le giornate di squalifica beccate. Sei, invece, i ragazzi che o si sono fatti male o hanno preso la febbre. Tutto questo in nome di un campionato dove non si vince e non si perde nulla.
Poi c’è l’Afiaca. A Tarquinia arriva un Piansano tosto e motivato. Dopo i classici insulti dati da scarsa lucidità (“brutto ciccione”, “non t’entra la majetta”, e via dicendo), scoppia una bella rissa a centrocampo. A darsele uno per parte. Tre invece i compagni impegnati ad arginare la zuffa. Morale della favola: in quattro hanno preso, da referto, tra sette e otto giornate di stop forzato. E manco un grazie dalla giubba nera per aver districato i due Rocky improvvisati.
Ecco. Questo è il calcio di casa. E questo è lo spettacolo che offrono certe categorie. Meglio non alimentare nessun fuoco, pertanto. Meglio parlare di altro.
A presto.