“Sviluppo termale, qualcosa si muove”. “Economia viterbese, situazione senza sbocco”. “Il problema idrico, tra se e ma”, “Alti e bassi del livello culturale viterbese”. “Per un settembre viterbese migliore”. “Raddoppio della Cassia, superstrada e piano regolatore”. “La Viterbese in serie C? I tifosi lo meritano, la città no”. Questi sono titoli di giornale, e dai titoli si può anche provare a capire la storia, specie se la storia non cambia. E infatti: questi titoli, queste (non) notizie risalgono a quarantacinque anni fa. A cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta. Se non fosse per la carta ingiallita del volume rilegato, e per la testata così terribilmente vintage (ma chi chiamerebbe, oggi, un giornale “La Vedetta”?, sembra il titolo di un settimanale per spacciatori maghrebini, voto 3), sarebbe da non crederci.
E invece. E invece andarsi a rileggere questo vecchio periodico viterbese, che faceva riferimento alla sinistra della Democrazia cristiana (c’era ancora la Dc, c’era ancora la sinistra e forse le guerre puniche erano appena finite) è un viaggio allucinante. Perché quello che scriveva allora il giornale diretto dall’avvocato Giorgio Puri è quello che scrivono ancora oggi i giornali – cartacei o telematici – della città dei papi. Ergo: da allora i problemi, i temi “caldi” (raffreddati da un pezzo, urge una ripassata al microonde, voto 7) sono esattamente gli stessi. La Tuscia non è cambiata, o magari sarà pure cambiata, ma non ha risolto le questioni ataviche. Qualche esempio, allora.
Si parlava di sviluppo termale ieri – ne scriveva in modo informatissimo e preciso Nevio Grottanelli, direttore delle Terme Inps e scomparso proprio qualche giorno fa – e si parla di sviluppo termale oggi. Nel frattempo il termalismo (che detto così sembra una malattia, non una cura, voto 1) non solo non si è sviluppato, ma si è avviluppato su se stesso. Le terme Inps hanno chiuso, le concessioni sono bloccate, in compenso fioccano le promesse.
A proposito dell’acqua, ma quella da bere. Se allora c’era la Sicea, oggi c’è (ancora per poco, pare) la Talete. Stesse polemiche, stessi guai, stessi appelli demagogici al ritorno alla “municipalizzazione” del servizio idrico. Ciao core, voto 1.
Ancora? La cultura, per esempio, tema che oggi sviluppa infiniti pipponi sui conflitti d’interesse e che nell’ottobre del 1970 l’allora studente universitario – e oggi sociologo di chiara fama – Francesco Mattioli liquidava così, a proposito del cartellone del Settembre viterbese: “Il famoso Volo d’Angeli è senza dubbio un’attrazione. Ci dispiace però che il contorno alla Macchina squalifichi più che altro l’importanza della manifestazione, rendendo l’idea di una mediocre festa paesana”. Insomma, già all’epoca impazzava il marchettificio, voto 0.
Ci sarebbero tante altre, inquietanti analogie.E non è il caso di scomodare Proust e la sua Recherche (voto 2.5). Semmai vale la pena ricordare l’immortale dialogo di C’era una volta in America (voto 7), tra Fat Moe (Larry Rapp) e Noodles (Rober De Niro): “Cosa hai fatto in tutti questi anni?”, chiede il primo. E Bob, sciolto: “Sono andato a letto presto”. Intanto il mondo intorno invece di cambiare si ripeteva all’infinito. Allegria, voto 4.