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Capitale della cultura? D’accordo, ma…

Viterbo può e deve candidarsi, ma che non sia l'ennesima occasione persa

Giovanni Fonghini

Giovanni Fonghini

Il Mibact il 12 febbraio scorso ha pubblicato sul suo sito il bando per l’assegnazione del titolo di capitali italiane della cultura per gli anni 2016 e 2017. L’iniziativa era stata annunciata dal ministro Franceschini dopo la nomina di Matera a Capitale Europea della Cultura nel 2019. Il bando per l’aggiudicazione del titolo di Capitale Italiana della Cultura 2016 e 2017 si rifà all’azione dell’UE che dal 2000 assegna il più prestigioso titolo di Capitale Europea della Cultura (dal 1985 al 1999 il titolo era quello di Città Europea della Cultura, la prima fu Atene).

Ora anche il Comune di Viterbo ha deciso di presentare la sua candidatura: la domanda per presentare il “dossier di candidatura” dovrà essere inviata entro il 31 marzo ’15. Entro il 30 aprile ’15 la giuria ministeriale dovrà individuare non più di 10 progetti finalisti selezionati tra le domande inviate. Le 10 città finaliste entro il 30 giugno ’15, entrando nella 2° fase della selezione, dovranno inviare un secondo dossier più dettagliato ed approfondito rispetto al primo. Insomma per farla breve, e non tediarvi con i particolari burocratici, il Mibact entro il 31 luglio ’15 individuerà due città alle quali sarà conferito il titolo di Capitale Italiana della Cultura, una per il 2016 e l’altra per il 2017. Le città individuate riceveranno un finanziamento di un milione di euro per realizzare le loro attività presentate nei progetti inerenti la valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, il miglioramento dei servizi turistici, lo sviluppo delle industrie culturali e creative, la riqualificazione urbana.

Certo, è quasi ovvio dire che non mi dispiacerebbe che la mia città, Viterbo, si aggiudicasse questo titolo. E’ un obiettivo a breve termine e i risultati in termini di ricaduta economica sul territorio non dovrebbero essere attesi troppo a lungo. Va chiarito infatti che, ammesso e non concesso si pensasse ad un’eventuale candidatura di Viterbo a Capitale Europea della Cultura, il nuovo turno dell’Italia, secondo una precisa rotazione già stabilita tra i vari stati membri, dopo il 2019 sarà il 2033. Se Viterbo vuole quindi candidarsi al titolo di capitale italiana di cultura può e deve farlo. Ma non sarà sufficiente inserire nel dossier qualche nome illustre di intellettuale che appoggia la nostra candidatura.

La pietà di Sebastiano Del Piombo esposta a Palazzo dei priori

La pietà di Sebastiano Del Piombo esposta a Palazzo dei priori

Il “prodotto” Viterbo, per dirla in termini di marketing, è eccellente: ha dalla sua una storia secolare, monumenti, luoghi, bellezze che molti ci invidiano. Però conosciamo le note dolenti sempre le stesse almeno da qualche decennio, a cominciare dall’inefficienza delle vie di collegamento stradali e ferroviarie. Investire incisivamente nella promozione turistica del territorio di Viterbo e della sua provincia e non poter intercettare l’enorme flusso di turisti del porto crocieristico di Civitavecchia è un grave handicap. Parliamo di Civitavecchia e la domanda è ancora una volta la stessa: quando sarà completata la trasversale Civitavecchia-Viterbo? Altri errori compiuti in un recente passato dovrebbero essere tenuti nella dovuta considerazione dall’amministrazione comunale nel preparare il progetto. Parliamo ad esempio dei servizi offerti ai turisti e del mancato investimento pubblicitario, indispensabile quando c’è qualcosa di importante sul quale vale la pena di investire. Sui servizi offerti ai turisti non credo si possa dimenticare a dicembre 2013 il mancato coinvolgimento delle categorie di settore, albergatori, ristoratori, esercenti pubblici, quando a Palazzo dei Priori furono esposte due tavole di Sebastiano del Piombo; in coincidenza con i giorni delle festività natalizie i turisti, venuti ad ammirare la bellezza delle due tavole, del Palazzo dei Priori e, si spera, di altri luoghi significativi della città, faticavano a trovare un bar aperto. Vogliamo poi parlare di investimenti pubblicitari? Non se ne fecero né per questa esposizione né quando la Macchina di Santa Rosa, insieme ad altre “macchine a spalla”, ottenne dall’Unesco il riconoscimento che la inseriva nell’elenco ambitissimo del patrimonio immateriale dell’umanità. Alla politica degli annunci personalmente preferisco la buona politica delle azioni concrete.

Il Comune di Viterbo deve crederci veramente a questa candidatura, coinvolgendo nella stesura del progetto-dossier chi ha idee, competenze e amore per la città. Insomma deve partecipare per vincere e non tanto per dire, domani, “ci abbiamo provato pure noi”.

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