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Vecchia Viterbese, la rabbia dei tifosi

Dopo la chiusura dell'inchiesta per evasione: "Ci siamo abituati", "Fa male"

Esordio vittorioso per la Viterbese

Esordio vittorioso per la Viterbese

Tra l’incazzato e il disilluso, il tifoso della Viterbese se ne sta. Dopo aver letto la notizia della chiusura dell’indagine per evasione fiscale sulla vecchia società (l’As Viterbese, che nel 2013 rinunciò all’iscrizione nel campionato di serie D, resistituì il campo sportivo al Comune e fu poi dichiarata inattiva dalla Figc), le reazioni dei sostenitori gialloblu sono contrastanti. Sarà perché molti di loro – quelli più grandi d’età – hanno già assistito troppe volte a scene del genere, e basta andarsi e vedere il cuore pieno di cicratici. Oppure sarà perché l’arrivo di Camilli – mai abbastanza benedetto – e dell’Adc Viterbese Castrense, ha cancellato definitivamente ogni traccia del passato bastardo che questa città, questa tifoseria, hanno dovuto subire. Due fallimenti (uno societario e sportivo targato Capucci, l’altro per ora solo sportivo) in nove anni sono un record che la Viterbo del pallone può vantare rispetto alle avversarie. Ad occhio, l’unico.

“Ormai ci siamo abituati – dice Vittorio, vecchio leone della tribuna centrale -, pure se ogni volta è sempre un dolore nuovo, diverso. Anche perché, fateci caso, succede sempre sul più bello: nel 2004, con Capucci, sfiorammo la serie B, mai arrivati così vicino alla serie cadetta. Due settimane dopo fummo esclusi dal campionato. Nel 2013 invece c’era quel miracolo della squadra di Farris, che giocava in modo paradisiaco, che arrivò alla fase finale dei playoff e che però, anche vincendo, non avrebbe mai avuto un futuro, perché la società non era in grado di garantirglielo. Nella sfiga siamo davvero fortunatissimi, non c’è che dire”. Le doti del tifoso alla fine sono anche quelle dell’ironia estrema, al limite dell’autolesionismo.

C’è anche chi invoca la ghigliottina, novello Di Pietro o Robespierre, anche se va ricordato, ribadito e sottolineato che al momento non ci sono colpevoli, né rinviati a giudizio, né tantomeno si conoscono i nomi degli indagati. E fino ad un’eventuale condanna nel terzo grado di giudizio la presunzione d’innocenza è doverosa. “Io aspetto di sapere i nomi dei dirigenti inquisiti – dice Paolo, garibaldino di tribuna laterale dai tempi in cui non era ancora coperta e ci si prendeva la pioggia in allegria – E scommetto già adesso che i veri responsabili, quelli che stavano dietro le quinte e che non avevano incarichi ufficiali, ne usciranno puliti, anzi immacolati. Ma d’altronde ci sta, parliamo di calcio quando la stessa regola in Italia vale per evasioni (presunte, ndr) molto più ingenti. E però io dico che negli anni citati, dal 2008 al 2013, non è che questi signori ci abbiano offerto chissà quali campionati, chissà quali spettacoli in campo. Senza parlare degli slogan, me li ricordo bene: ‘Aspettiamo il ripescaggio, ma intanto abbiamo vinto il campionato dei bilanci’. Se oggi ripenso a quelle dichiarazioni mi piscio sotto dalle risate. E a quelli che facevano prelievi ‘spontanei’ dagli incassi al botteghino? I miei amici calciatori, che hanno pure provato a rivolgersi alla giustizia sportiva per avere le loro spettanze, me ne hanno raccontate di cotte, di crude e soprattutto di contanti. Spero che il pm D’Arma abbia scavato fino in fondo: è un magistrato bravo, di lui mi fido”.

La vecchia As Viterbese

La vecchia As Viterbese

In coda, la testimonianza che colpisce di più. Perché arriva da un tifoso fuori dagli schemi, un ultras, uno che non vive mai per il risultato ma a prescindere del risultato. Uno al quale va riconosciuto non solo il sacrosanto diritto di tutela delle fonti e perciò anche l’anonimato, ma anche un minimo di rispetto. Col senno di poi. “L’indagine è chiusa? Me ne fotto – si sfoga lui – Tanto come vanno a finire queste cose in Italia lo sappiamo tutti benissimo. Noi siamo stati quelli che dall’inverno alla primavera del 2013 abbiamo raccolto i soldi per garantire ai ragazzi, ai giocatori, una minima certezza. Per mangiare, per dormire, perché la società non li pagava e loro lottavano per i playoff, da leoni. Abbiamo fatto tante collette, e non me ne pento, perché noi sosteniamo la squadra, anzi i colori della nostra città, al netto di quali siano gli interpreti. Non tanto in campo, quanto dìetro le scrivanie… Ma loro passano, il gialloblu resta, e noi non molliamo. Mai, e si è visto l’anno scorso in Eccellenza: sempre presenti”.

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