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Quelle partite ad alta tensione

C'è chi finisce in rete come un luccio e chi scappa. Ma al novantesimo tutti amici

L'Etrusca in trasferta

L’Etrusca in trasferta

Dove si va a giocare sabato? A Farnese (ma va bene qualsiasi altra località). Ah, io non ci vengo. Che mi stanno aspettando dal girone di andata.
Ecco. Questa è il più consueto degli enunciati che si può udire, durante la settimana, all’interno degli spogliatoi di Terza categoria. Dove l’uomo, leone in casa, diventa improvvisamente coniglio da trasferta. Un po’ perché il mangiacarote, è arcinoto, ha paura anche di se stesso. Un po’ perché la medesima bestiola è in grado di volatizzarsi in men che non si dica, di dentro al cappello del prestigiatore (o del mister, per rimanere in tema).
Fatto sta che ogni giocatore modello ha il suo personalissimo archivio degli stadi da evitare. Un database ficcato nel cervello a suon di zampate, spinte, qualche sputacchio e tanta (tantissima) paura di vedersi reso ciò che in passato si ha dato.
L’Etrusca da questo punto di vista tutto sommato sta messa benone. Nel senso che di cartellini rossi e gialli non ne mancano (non sia mai), ma tutto sommato la banda lacuale porta in giro per la provincia più spirito goliardico che animo ostile. Così capita di andarsi a giocare il derby col Marta e finire a bere insieme. O di ospitare l’Arlenese e addirittura vedere i calciatori che alla fine si stringono la mano.
Poi chiaro, non son sempre rose e fiori. Quella volta a Montalto, per esempio, il diesse Valiserra se la ricorda così: “Ho dovuto districare Mirko dalla rete della porta, l’avevano fatto su come un luccio”. Incidenti di percorso. Oppure: “A Gradoli Simone ha dato un cazzotto a uno – sempre Valiserra – siamo usciti dal campo alle otto di sera, e scortati”.

Lo spogliatoio dell'Etrusca

Lo spogliatoio dell’Etrusca

Il meglio però, analizzando ben undici anni di strampalata attività, è avvenuto durante due amichevoli estive. Partitelle precampionato. La prima (se la memoria non inganna, con l’Ischia amatori) è durata tra i quattro e gli otto minuti. Mega rissa seguente. Poi baci e abbracci, fortunatamente. Ma prima, scene alla Bud Spencer. La seconda invece tocca l’assurdo. E riguarda proprio il direttore sportivo di sempre. Quel pomeriggio Valiserra arbitrava, che di pagare uno serio non era il caso, Etrusca contro una Juniores. Il pischello sulla destra continuava a insultare il diesse-ristoratore-tuttofare: “Finché si limitava al classico ho fatto finta di non sentirlo – spiega – quando mi ha detto ‘papavero’ non ci ho visto più e gli sono corso dietro. Fortuna sua non l’ho beccato. Era più veloce”. Gara sospesa. Il fischietto stava per uccidere lo sbarbato numero sette.

E questo più o meno è quanto. Ma la storia è ancora tutta da scrivere.

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