C’è un filo ideale ad unire la cerimonia che ricorda tutte le vittime dei bombardamenti che rasero letteralmente al suolo Viterbo durante la seconda guerra mondiale: una classe del liceo scientifico Ruffini, guidata dalla professoressa Maria Grazia Storcè, che partecipa alla cerimonia alla chiesa di San Francesco. E’ la quinta D a rappresentare l’anello di congiunzione tra quei terribili giorni di settant’anni fa e il presente, ancora caratterizzato da focolai di guerra più o meno grandi in ogni angolo del mondo, con il loro carico di morti, distruzioni, violenze. Durante la messa, celebrata dal vescovo monsignor Lino Fumagalli, ricorre costantemente il tema del no al terrore, al sangue innocente che scorre, alle vittime (spesso donne e bambini).
Proprio il 17 gennaio del 1945 verso l’ora di pranzo un violentissimo bombardamento (70 tonnellate di ordigni lanciati) mise in ginocchio Viterbo . Impossibile stabilire il numero di coloro che persero la vita in quelle ore: ragazzi che tornavano da scuola, gente che pranzava nel ristorante via S. Bonaventura, cittadini sorpresi nelle quotidiane occupazioni. E non solo viterbesi, ma anche persone che erano scappate via dal Frusinate e dal Cassinate per sfuggire alla guerra e che incontrarono la morte nella città dove avevano trovato rifugio. Ci sono anche i parenti di quelle vittime e i rappresentanti delle associazioni regionali nella commemorazione in San Francesco.
Il sindaco Leonardo Michelini e l’assessore provinciale Giuseppe Fraticelli rappresentano le istituzioni, ma sono presenti anche l’assessore Barelli, consiglieri comunali, tanti semplici cittadini, magari congiunti di coloro che morirono sotto le bombe. Cerimonia sobria durante la quale Rosanna De Marchi (che ha condotto insieme a Francesco Morelli un’interessante ricerca proprio sulle vittime dei bombardamenti) ricorda non senza un pizzico di commozione quei terribili mesi durante i quali Viterbo (snodo cruciale nei collegamenti tra Nord e Roma) fu letteralmente martoriata dagli aerei inglesi e americani. In chiesa c’è anche una mostra fotografica che testimonia i lutti e gli ingentissimi danni provocati dalle bombe: sarà visitabile anche nei prossimi giorni.
I ragazzi del 5.D restano colpiti e assorti. “Un’esperienza interessante – confessa una giovane maturanda – che ci ha dato la possibilità di conoscere una realtà che non conoscevamo. Magari qualcuno di noi ne approfitterà per utilizzare questa vicenda come argomento della tesina per gli esami di stato”. Intanto, Rosanna De Marchi e la professoressa Storcè (docente di inglese) concordano un incontro nell’aula magna del Ruffini nei primi di giorni di febbraio, durante la settimana dedicata al recupero dei debiti scolastici, per parlare ancora di quelle vicende: questa sì che è scuola vera e utile alla formazione dei giovani.