Tempi duri, anzi durissimi, per i precari che attualmente operano alle dipendenze della Provincia di Viterbo. Sono 50 e di loro ne potranno restare soltanto 4. Questi sono i numeri che nella loro asettica sinteticità nascondono terribili conseguenze per decine di persone e relative famiglie. La riforma che cancella, per meglio dire ridimensiona fortemente il ruolo di questo ente, oltre ad aspetti penalizzanti per il territorio e per i cittadini, contiene anche norme assolutamente restrittive per quanto riguarda i lavoratori a tempo determinato. Al momento, le uniche figure professionali che potranno continuare a lavorareper la Provincia sono coloro che operano nel centro impiego e alla formazione: in cifre 4 persone. Gli altri 46? A casa. Questa, allo stato dell’arte, la situazione, analizzata ieri mattina in un incontro tra il presidente Marcello Meroi, il segretario generale Daniela Natale, i dirigenti dei settori ragioneria e personale e le rappresentanze sindacali dei dipendenti.
E quelle 4 unità lavorative sfuggono alla mannaia del taglio indiscriminato solo perché potranno essere retribuite attraverso l’utilizzazione di fondi comunitari finalizzati. Questo dice la legge, anche se (in Italia come sempre c’è sempre un però…) va aggiunto che nel tortuosissimo iter di un provvedimento come quello del riordino delle province (che ha mostrato crepe sin dalla prima formulazione e che continua a manifestare tuttora incongruenze consistenti) qualche spiraglio potrebbe ancora aprirsi. L’aria che tira – va detto con chiarezza – è tutt’altro che piacevole: tramontana e perturbazioni, tanto per restare in campo meteorologico. Traduzione: le speranze di salvare altri precari sono ridotte al lumicino.
Come pure è tutt’altro che individuato il percorso che porterà al trasferimento di circa la metà del personale della provincia ad altri enti, in primis la Regione. E’ chiaro che dovranno essere individuati e utilizzati criteri precisi e validi in tutta Italia. Impensabile che ognuno decida e vada avanti per conto proprio. “La circolare che sta per essere emanata dal ministero della Funzione pubblica, ribattezzata circolare Madia – spiega il presidente Meroi – sembra presentare aspetti nuovi che necessiteranno di ulteriori e accurati approfondimenti; quindi potremo entrare realmente nel concreto e fissare i criteri in base ai quali procedere, soltanto quando avremo chiari gli ambiti d’intervento”. Insomma, siamo ancora al “caro amico, ti scrivo…”. Non solo, ma da parte delle Regioni che in larga parte dovranno farsi carico del personale in esubero dalle Province, non arrivano segnali di alcun genere: mancano direttive precise e soprattutto soldi. Si pensi che per le 20 regioni per il 2015 il governo ha stanziato 60 milioni di euro: al Lazio, dunque, ne toccheranno 3, forse 4. Ma soltanto per gli ex dipendenti provenienti da Viterbo se ne dovranno spendere circa 5…
Un autentico caos normativo, gestionale ed economico nel quale per ora non si intravedono vie d’uscite. E il 31 marzo si sta pericolosamente avvicinando: è quella la data limite fissata da Palazzo Gentili per pagare regolarmente gli stipendi. Senza interventi rapidi, non si potrà che andare al default. Cioè fallimento.