Filippo Rossi si è dimesso da presidente del consiglio comunale. Lo ha fatto pronunciando un accoratissimo (ciao, core) discorso in aula, in apertura della seduta straordinaria dedicata alla sanità, stretto tra un sindaco già alle prese con altri doloretti – ha il polso ingessato e il braccio al collo – e un commissario straordinario della Asl che comincia a stranirsi presto a causa dell’imprevisto. Rossi chiede subito ai colleghi consiglieri di capirlo: “Ho parlato pochissimo fino ad oggi, e questa è la seconda gabbianellata che faccio”. La gabbianella e la volpe, già. E poi spiega le ragioni che lo hanno spinto a questo gesto e, aggiungiamo noi, a rinunciare allo stipendio. Ma resta l’impressione che la sceneggiata fosse pronta da un pezzo, acchittata a mezzo stampa e recitata oggi con impeccabile stile.
Visto che sarebbe francamente impossibile riuscire a riportare per iscritto le tantissime emozioni, le citazioni, le intuizioni che Rossi ha saputo infilare nella sua dichiarazione a braccio, riportiamo i passaggi chiave.
Io e Viva Viterbo avevamo fatto una scommessa per questa città, convinti che il piccolo cabotaggio non serva a nulla e che invece si debba puntare in alto. Ma c’è troppa lentezza e poca programmazione, lo dimostrano le iniziative di Natale, che sono state un fallimento. Ciononostante, ho votato quasi sempre con la maggioranza, per un atto di fedeltà, ma non perché fossi d’accordo con molte cose. Un esempio: ho votato sì ad entrambi i bilanci che abbiamo presentato, ma non ero d’accordo. E’ stato un anno e mezzo faticoso, ancora di più per l’assessore che esprimiamo, Giacomo Barelli. Il silenzio assenso ci avrebbe ridotto comunque a fare i ragazzi di bottega, e la politica non è questa, per me. Per questo oggi rassegno le dimissioni, per riconquistare il diritto di parola e di proposta. E Viva Viterbo rimarrà in maggioranza. Fine.
Mentre Barelli ringrazia, la De Alexandris quasi scoppia in lacrime e Macchitella sbuffa come l’Orient express, il sindaco e il capo “carismatico” dell’opposizione Marini rinviano prontamente il dibattito sulle dimissioni alla prossima puntata. Michelini però ci tiene a far sapere di non essere d’accordo con il pensiero dell’ormai ex presidente e ammonisce: “Ognuno in campagna elettorale rappresenta qualcosa, ma quando si siede qui dovrebbe ragionare per l’interesse pubblico”. Una frecciata al curaro, se si pensa a tutti gli interessi “non pubblici” affibbiati a Rossi da due anni a questa parte. Il quale, oltretutto, non è certo un verginello e avrebbe dovuto sapere come (non) funzionano le cose: chi glielo ha fatto fare ad accertare quella carica troppo ingessata? Non avrebbe potuto puntare subito ad un assessorato per provare ad applicare la sua ((presunta) politica del cambiamento? E da semplice consigliere comunale cosa pensa di fare? Misteri della fede.
Per scoprire se il discorso di ieri sia stato sincero oppure se nasconda l’ennesima paraculata occorrerà aspettare le prossime puntate. Allora si vedrà come funzionerà Viva Viterbo 2.0, con il Filippo parlante. Ad occhio, sarà una spina nel fianco per la maggioranza, e non si esclude un progressivo avvicinamento verso l’opposizione (dove qualcuno ha già iniziato a corteggiare Rossi). Per il prossimo presidente, invece, si attende la calendarizzazione del voto: la Frittelli (vice e reggente, praticamente un Grasso in gonnella) non dovrebbe entrare nella partita della successione, specie per impegni di lavoro. Il favorito è Serra (ma anche lui dovrà trovare il tempo), capogruppo stanco del Partito democratico, con Fabbrini che gli succederebbe alla guida dei democratici, sistemando così un po’ di tessere del mosaico Pd, ma solo in quello.