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Etrusca: je suis da terzo posto

La vittoria col Civitella, la classifica da vertigini e i discorsi sul terrorismo

Il diesse Vincenzo Valiserra col fedele amico Osvaldo

Il diesse Vincenzo Valiserra (a destra) col fedele amico Osvaldo

Sono ormai quasi tre mesi che non si registrano sconfitte in riva al lago, a Capodimonte. E il diesse Vincenzo Valiserra comincia ad essere preoccupato. Perché finché l’Etrusca amatori vince, poco cambia. Tanto chi nasce amatore, amatore muore. Ma qualora la Terza categoria dovesse proseguire così, a suon di vittorie, allora vorrebbe dire papabile approdo in Seconda. E lì si che son dolori. I costi aumenterebbero. E la rosa low cost sarebbe da rivedere. Meglio rimanere dove si è, pertanto. Meglio volare bassi.
L’ultimo risultato utile, quel 3-2 raccolto a Civitella d’Agliano, non solo ha consolidato la piazza da bronzo. Ma è servito anche ad aprire importanti riflessioni pallonare dilettantistiche. Martedì: primo allenamento settimanale. Per sbaglio negli spogliatoi spunta il discorso anomalo. Quello che non ti aspetti. Una volta tanto non si discute né di diagonali (parole al vento), né di (presunte) conquiste del sabato sera in discoteca. Sulla panca in legno, al centro della stanza, è parcheggiata una copia della Gazzetta. Tra le notizie di cronaca troneggia l’ennesimo articolo sulla tragica vicenda legata a Charlie Hebdo. “E chi cavolo sarebbe?”, commenta uno, mentre si cambia. “Come? È quella rivista satirica francese appena presa d’assalto. Dodici morti, all’interno della redazione. A colpire sono stati tre uomini armati di kalashnikov, terroristi islamici. A loro volta uccisi dalla polizia”. Questa la risposta elargita, con chirurgica saccenteria, dal saggio del branco. Ce ne sta sempre uno, in ogni squadra. Non si sa perché, ma così vanno le cose.

La rivisitazione piansanese di "Je suis Charlie Hebdo"

La rivisitazione piansanese da bar di “Je suis Charlie Hebdo”

Qualche attimo di silenzio, e a seguire il prologo in picchiata. “Ho letto che l’ultimo numero del periodico è andato a ruba – incalza un terzino – anche qui in zona. Che senso ha comprare un giornale solo dopo che hanno ammazzato metà di quelli che ci lavoravano?”. In effetti. “Io non l’ho preso – sposa la tesi un’ala destra – e a dirla tutta manco li conoscevo”. Ammissione plateale, ma da applauso. “È perché non stai attento – ora tocca al dirigente – ‘ndo te giri te giri vedi un ‘Je suis Charlie Hebdo’. Cosa pensavi che fosse?”.
Chiusura col botto. “Ah, ecco – controreplica – pure al bar a Piansano c’è un ‘Je suis’ sulla lavagnetta. Ma appresso qualcuno col gessetto ci ha scritto ‘Catherine Deneuve’. Ora tutto torna…”.
Anche il mister, torna. Di rientro dal lavoro (quello serio). Meglio quindi abbandonare le chiacchiere e uscire a correre. Che certe pensate confondono le idee e non portano mai lontano.

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