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Cesare al Casaletto, profumi di Tuscia

Con Carlo Zucchetti nel ristorante che utilizza anche prodotti viterbesi

Leonardo Varvari e Carloo Zucchetti

Leonardo Varvari e Carloo Zucchetti

Il traffico romano è sempre pesante e caotico, anche in una giornata come questa relativamente tranquilla. Trovare un parcheggio sulla Circonvallazione Gianicolense è impossibile e ci infiliamo nella prima laterale confidando in santa sosta che ci fa la grazia al primo giro. Riconosciamo il pergolato. Il locale è ancora chiuso. Entriamo con circospezione, con una camminata tra il colpevole e il furtivo, perché a quest’ora sentiamo di profanare la sacralità del luogo: i tavoli sono nudi, coperti dalle sedie, accanto ci sono i sacchi con le tovaglie pulite e tutto intorno c’è il movimento indaffarato della pulizia e della preparazione.

Leonardo Vignoli arriva trafelato, ma senza perdere la sua naturale calma. Sono giornate complicate dall’influenza che ha dimezzato il personale, bisogna sdoppiarsi per poter arrivare a fare tutto.

Nato a Monterotondo, prima di approdare a Roma e rilevare la trattoria, Leonardo ha accumulato un bel bagaglio di ottime avventure nel campo del servizio di sala. “Appena fatto il militare, avevo voglia di partire e fare esperienza all’estero” . Così passa 3 anni in Svizzera al Beau Rivage, 2 stelle Michelin: “Prima di poter portare un vassoio, ho passato 6 mesi a pulire l’argento e ad occuparmi della mise en place. C’era una cura meticolosa per i particolari”. Continua ancora a viaggiare, arriva a Roma al Lord Byron nel periodo di Sciullo e Ciminelli. Poi riparte per il Leon de Lyon ancora un bi-stellato, dove rimane per un anno e nel ’93 è a Marsiglia a Le petit Nice – Passédat oggi 3 stelle Michelin, poi Avignone e Lussemburgo. Incomincia però a soffrire l’artificiosità degli stellati, la costruzione e la cura incessante per ogni cosa. Nel frattempo c’erano stati i corsi AIS, la possibilità di conoscere il mondo del vino e proprio grazie a questa passione avviene l’incontro con Andrea Fusco. “Era il periodo in cui la critica enogastronomica aveva scoperto Il Giuda Ballerino, grazie soprattutto a un articolo di Fabio Turchetti. Anche il Gambero teneva d’occhio il locale e Andrea sapeva di dover gestire bene la situazione. Così mi proposi di dargli una mano. Lui accettò e rimasi fino a agli inizi del 2004”. L’insofferenza verso un certo tipo di ristorazione e servizio ormai pesano, Leonardo vuole tornare alla semplicità e alle tradizioni. Nel 2005 gli capita l’occasione di gestire il ristorante di un centro sportivo tra Mentana e Monterotondo e questo diventa l’avvio del nuovo percorso. Qui conosce Maria Pia, la moglie. Lasciati alle spalle amuse bouche e calici in cristallo, è il momento di pizza e birra. Ma questo è solo un passaggio che serve a chiarire le idee, a mettere a punto l’obiettivo. Con la caparbietà di chi crede fin in fondo a quello che fa, Leonardo compra un enofrigo e inizia a riempirlo dei vini che gli piacciono e lentamente, ma con costanza, inizia il cambiamento. “Abbiamo cominciato a lavorare sempre di più con il ristorante fino ad avere parecchie richieste per gli eventi. Nel frattempo con Maria Pia avevamo pensato di cercare qualcosa in città. Incappammo in questo locale. Appena entrati vedemmo Cesare che a un tavolo capava le puntarelle, mentre l’odore di pasta e patate riscaldava l’aria. Cesare voleva vendere dopo 50 anni di attività. Questo era un posto storico creato dai suoi genitori”.

Le polpette di bollito di bovino maremmano

Le polpette di bollito di bovino maremmano

Leonardo tira fuori da una cartellina delle fotografie in bianco e nero che mostrano la vecchia entrata della trattoria, una di quelle tipiche di fuori porta dove si mangiava e si giocava a carte. Il nome in origine era Trattoria della Palma, in onore di una palma centenaria che era nel giardino. Questa era l’estrema periferia romana, quella dei Ragazzi di vita di Pasolini. Era una Roma che si ricostruiva e si leccava le ferite della guerra, che cercava, nella sua maniera bonaria e superficiale di coprire le devastazioni con un sorriso e col tiramo a campà. E in un attimo i vuoti della campagna erano stati riempiti dal troppo pieno di palazzine, strade, mezzi e traffico. Nel frattempo Cesare aveva cambiato nome al locale per una questione sulla tassazione delle insegne quantificata in base alla lunghezza. “Ma in cucina quando ci sei entrato?” chiede Carlo Zucchetti posando una delle fotografie sul tavolo. “Per necessità. Quando ero al centro sportivo, in cucina avevo dei ragazzi, anche molto bravi. Ma con l’aumentare del lavoro del ristorante aumentavano le richieste, e non sopportavo più di sottostare ai cuochi che diventavano sempre più pretenziosi. Ti posso dire anche la data esatta in cui tutto cambiò. Era il 28 giugno del 2007, 3 cuochi mi hanno abbandonato senza preavviso a tre giorni da un evento da 250 persone. Ho chiamato tutti quelli che conoscevo per avere un aiuto, mia cognata, mia zia e insieme abbiamo recuperato la situazione. E mi è piaciuto. Era come chiudere il cerchio di una professione che amavo da sempre.”.

“Hai avuto un grande coraggio, complimenti. Tornando alla cucina: la tecnica? Perché mangiando qui si riconosce una bella mano e la consapevolezza delle cotture.”

La carbonara col guanciale della Tuscia

La carbonara col guanciale della Tuscia

“L’ho imparata osservandola, e poi un po’ per curiosità, un po’ per istinto. La conoscenza del vino mi ha dato una mano, mi ha aperto la mente e ha affinato la parte gustativa e la ricerca di equilibrio e armonia. Adesso il responsabile della cucina è Arif, un ragazzo del Bangladesh che è entrato come lavapiatti, ma ha dimostrato passione e impegno e ha saputo crescere. Spesso ai ragazzi manca il rispetto per il lavoro. La cucina non è Master Chef, ma sudore, fatica e tanto rispetto per quello che si fa.” Il modo di parlare rimane calmo, garbato, quasi sommesso, ma le emozioni attraversano gli occhi limpidi di Leonardo che si fanno di un azzurro più intenso quando un argomento gli sta particolarmente a cuore.

“Adesso il locale ha una sua spiccata identità che è quella della cucina romana, ed è apprezzato e frequentato da gourmet. Le porzioni sono abbondanti e ben preparate, ma si sente anche un’attenzione alle materie prime e a questo proposito volevamo sapere le tue impressioni sui prodotti a Marchio Tuscia Viterbese” dice Carlo.

I prodotti della Tuscia sono entrati Da Cesare al Casaletto per Piacere Etrusco lo scorso dicembre – la manifestazione organizzata dalla Camera di Commercio di Viterbo con la collaborazione di Carlo Zucchetti – sapientemente introdotti da Stefano Asaro, giornalista enogastronomo, presidente di Slow Food Lazio.

“Alcuni già li conoscevo e li usavo come il pollo e i conigli San Bartolomeo – spiega Leonardo – Altri sono stati una piacevole scoperta, in particolare l’Evo Archibusacci che ho affiancato a quello della mia Sabina. La Tuscia è una zona molto interessante dal punto di vista dei prodotti agricoli. Uso spesso anche i formaggi di Vittorio Cordisco, un produttore di Viterbo. E ultimamente ho inserito nella lista dei vini quelli di Podere Orto. Pacere Etrusco mi ha confermato la necessità e il desiderio di trovare il tempo per conoscere come vorrei la nostra regione e i suoi produttori. Elementi fondamentali della cucina romana che è stata e continua ad essere, il mezzo più bello per unire e comunicare. Le ricette della nostra tradizione sono come i sampietrini, qualcosa che ci caratterizza e che è lì da secoli, a volte un po’ sconnessa, ma che sa mostrare anche in questo tutto il suo fascino. E quando è ben fatta, con rispetto per le preparazioni e per chi mangia, è uno dei più grandi mezzi di comunicazione della bellezza delle nostre terre”.

Da Cesare al Casaletto

via del Casaletto, 45 – 00151 Roma

tel. 06 536015

giorno di chiusura: mercoledì

Fascia di prezzo: € 25,00-35,00

(dal blog di Carlo Zucchetti, www.carlozucchetti.it)

 

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