Sicuramente il canone Rai è una delle tasse più odiate dagli italiani. E anche una delle più evase. Chi lo deve pagare? Tutti coloro che possiedono un televisore, a prescindere dal fatto che si utilizzino i canali della tv pubblica. E’ insomma una tassa di possesso: il cittadino potrebbe anche non aver mai utilizzato la televisione, ma deve versare comunque l’imposta. Anche se utilizza soltanto i canali satellitari. La scadenza resta fissata al 31 gennaio, ma si potrà pagare anche dopo con maggiorazioni crescenti quanto più aumenta il ritardo. La cifra è quella dell’anno scorso: 113,50 euro. Sono esentati gli over 75 che abbiano un reddito di 516,46 euro al mese per 13 mensilità: insomma la pensione minima. Il mancato pagamento del canone da parte degli abbonati può essere accertato dalla Guardia di Finanza, che può infliggere una sanzione amministrativa di importo compreso tra 103,29 euro e 516,45 euro. La legge non autorizza la Rai a mandare i suoi funzionari a riscuotere l’abbonamento presso le private abitazioni. E i cittadini non sono nemmeno obbligati a farli entrare qualora vogliano effettuare un controllo sul possesso di un televisore. Dunque non consegnate denaro a sedicenti “funzionari” Rai che si presentano alla vostra porta. L’unico mezzo che ha la Rai per pretendere i soldi è di agire attraverso Equitalia.
Ma si può non versare l’imposta? Certo che si può attraverso la cosiddetta procedura di suggellamento. In pratica ogni cittadino ha la possibilità di richiedere, con lettera raccomandata a.r. inviata alla Rai, il cosiddetto suggellamento del televisore e la disdetta del canone. Si tratta di una procedura che dovrebbe comportare (ma quasi mai succede) l’arrivo a casa di un tecnico, il quale effettuerà una “modifica” alla tv in modo che non capti più il segnale Rai.
In altre parole, il suggellamento permette di disdire il canone senza disfarsi definitivamente dell’apparecchio. In passato, le autorità suggellavano fisicamente la televisione, in un sacco di iuta; oggi invece ciò accade di rado e la procedura si riduce a un impegno dell’utente a non utilizzare la televisione per le trasmissioni Rai. Poiché, nella gran parte dei casi, la Rai ignora le richieste di suggellamento e, puntualmente, nessun delegato si presenta al domicilio del richiedente, a quest’ultimo – in caso di successiva intimazione di pagamento – sarà sufficiente dare prova dell’invio della lettera con la richiesta di suggellamento per stoppare qualsiasi esecuzione forzata o richiesta di arretrati. Pertanto, dopo l’invio della disdetta, nessuna richiesta di canone può essere più inviata al contribuente. Per chiedere il pagamento le autorità dovrebbero accertare che, nonostante la disdetta, l’utente continui a utilizzare l’apparecchio in casa. Comunque, nel caso che un incaricato della Rai dovesse bussare a casa per chiedere di verificare se, all’interno, vi è ancora il televisore, è bene sapere che il cittadino non è tenuto a fare entrare in casa nessuno se non munito di un mandato dell’autorità giudiziaria: egli potrà, tutt’al più, mettere l’apparecchio a disposizione delle autorità fuori dalla porta, per poi riprenderselo una volta insaccato e sigillato. Inoltre, nulla esclude che l’utente faccia suggellare un vecchio televisore inutilizzato e, nel frattempo, ne utilizzi uno nuovo in casa. La disdetta può essere effettuata in qualsiasi periodo dell’anno e vale a partire dall’anno successivo.
Purtroppo, l’invio della raccomandata con la richiesta di suggellamento non esclude che la Rai continui a inviare lettere di intimazione di pagamento: richieste che, comunque, sono illegittime. In definitiva, l’invio della raccomandata è prova sufficiente, in caso di successiva richiesta di pagamento da parte della Rai, per bloccare qualsiasi tipo di esecuzione forzata. Ci si può, infatti, rivolgere al giudice, dimostrando che, nonostante la richiesta di suggellamento, la Rai non ha dato alcun seguito.