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Ater, Gigli non ci sta: “Vado fino in fondo”

Parla il direttore generale sollevato dall'incarico giovedì scorso

Ugo Gigli

Ugo Gigli, ex direttore dell’Ater

“Certo, mi aspettavo maggiore rispetto. E considero questo atto inconsistente, sia dal punto di vista del merito sia dal punto di vista del metodo. Andrò fino in fondo, a livello penale e a livello civile”.

Come previsto, il giorno dopo Ugo Gigli è un leone. L’estromissione dalla carica di direttore generale dell’Ater (Azienda territoriale di edilizia residenziale) è una ferita fresca che però non scalfisce più di tanto la pelle del vecchio leone, abituato a tante battaglie e per questo pronto a combattere l’ennesima.

Gigli, perché una questione di merito?

“Perché mi hanno sollevato dall’incarico sulla base di una nota di due funzionari regionali, che si riferisce a due normative. Peccato che una valga per gli enti dipendenti dalla Regione, e l’Ater non lo è, perché è azienda economicamente strutturale”.

E l’altra?

“Un decreto legge, il 155, che però si applica per lo Iacp, non per l’Ater”.

Invece?

“Invece il commissario straordinario Bianchi mi ha esautorato, nonostante io abbia un contratto valido fino a dicembre del 2016. E qui entriamo nel metodo”.

Si spieghi meglio.

“La decisione mi è stata comunicata via lettera, giovedì all’ora di pranzo, in un modo irrituale rispetto alla procedura, che prevede una delibera, un atto ufficiale sottoscritto alla presenza del collegio sindacale. Non solo”.

Prego.

“Il nuovo direttore generale pro tempore (l’attuale addetto stampa Massimo Bindi, ndr) è stato nominato senza investire della nomina i revisori dei conti. Tutte le delibere firmate, a questo punto, vengono invalidate. Ecco perché ho intenzione di procedere anche penalmente: secondo me e i miei legali si potrebbe ravvisare un abuso d’ufficio”.

Sarà la magistratura a stabilirlo, semmai. Lei ci è rimasto male?

“Mi aspettavo più rispetto. Dopo 45 anni in azienda, dei quali 40 da direttore, è brutto dover subire questo trattamento. Sono un uomo dello Stato, ho rispetto delle istituzioni, e adesso mi faccio da parte. Ma ho diritto a chiedere giustizia”.

Ha ricevuto attestati di solidarietà?

“Da parte di tanta gente. Ma il momento più bello l’ho vissuto ieri mattina, quando le rappresentanze sindacali dell’ente mi hanno invitato alla loro riunione. Ho visto molte persone con le lacrime agli occhi, non so se per il dispiacere o per la rabbia”.

Viterbopost ha scritto che è la fine di un’era.

“Non sono d’accordo, ripeto: voglio giustizia. E’ un atto compiuto a Viterbo, ma che è ispirato altrove. Davo fastidio perché magari al mio posto si preferisce un altro tipo di persona… e mi fermo qui. Me ne rendo conto e mi limito a dire che non sono abituato a prendermela con il cane, preferisco prendermela col padrone”.

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