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Vigilia e Natale: va di moda il ristorante

Maccheroni con le noci, dolce tipico natalizio

Maccheroni con le noci: un classico

Finiva sempre allo stesso modo. Dopo trentasette portate la nonnina (di turno) tirava fuori da un’improbabile cartata d’alluminio la cosiddetta Nociata, o maccheroni con le noci. Ossia quel dolciaccio povero composto di pasta lunga e scotta (nel ruolo della calce), più noci, più pezzi di cioccolato fondente. Un macigno a strati. Per un totale di 18 centimetri d’altezza e 4000 calorie al pezzo. Solo all’odore metà dei commensali salutava e tentava di tirare a letto, disgustata. “Ma almeno mangiala un boccone, è tradizione”, il successivo commento lapidario della vecchia. Abilissima, con quattro parole, a rovinare il cenone della tavolata intera. Già, il cenone. E già, la tradizione. Un connubio natalizio dal quale pare che ci sia forte voglia di staccare. O almeno, in molti cercano di farlo. Ventiquattro e venticinque dicembre si passano sempre meno in casa. Per le carte e le stombolate d’altronde c’è sempre tempo. Meglio quindi buttarsi sul ristorante. Che si trova tutto pronto. Che non ci sono piatti da lavare. Che sicuramente è buono. Che l’insalata di mare della zia è gomma.
E poi, così vuol la moda. Confermata dal fatto che in città, a Viterbo, le botteghe del mangiare sono quasi tutte aperte. In provincia invece, dove certe dinamiche attaccano meno, parecchi preferiscono rimanere chiusi. Lo scorfano della Pentolaccia propone, a tal proposito, due menù alla carta. Non specifici. “Vigilia chiaramente tutto pesce – spiega Massimo, già indaffaratissimo – il giorno seguente carne. La crisi, certo, si fa sentire. Ma guai a chiudere”. E per quanti fossero interessati si va dai grandi classici, tipo gamberoni e calamari, che mai tramonteranno, al pezzo forte: paccheri di Gragnano al nero di seppia. La Nociata di cui sopra è un (pessimo) lontano ricordo.

Paccheri al nero di seppia, nel menù natalizio del ristorante Lo scorfano della Pentolaccia

Paccheri al nero di seppia, nel menù natalizio del ristorante Lo scorfano della Pentolaccia

Sempre capoluogo, e sempre zona centro. Da San Pellegrino ci si sposta poco più giù, a valle Faul. “Noi siamo per il menù fisso – stavolta parla Pietro de Il Molino, pure lui incasinato non poco – il telefono squilla parecchio, le prenotazioni fioccano”. Cavallo di battaglia la tacchinella ripiena di castagne e funghi porcini. Inutile dire che si sta parlando del venticinque. Pure i ravioli alla zucca, comunque, dicono la loro.
Questi primi dati emergono dal giro telefonico fatto sui ristoranti. L’alternativa che invece colpisce i comodi di brutto, si chiama catering. Un compromesso storico che permette di ospitare senza alzare un dito. Viterbopost ne ha chiamati tre. Dopo una serie infinita di squilli il verdetto è unanime: “Non abbiamo tempo manco per chiacchierare”. Bene, significa che se si risparmia su mille pratiche, almeno per le festività natalizie quattro soldi si spendono. E per cose che riempiono tanto la pancia quanto il cuore.
Buon appetito e buona caccia al posto migliore.

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