Origine e storia dello Spedale grande degl’infermi e degli altri ospedali del patrimonio di San Pietro in Tuscia. E’ il titolo del volume presentato ieri in sala d’Ercole di Palazzo dei priori, stampato in mille copie grazie alla generosità degli sponsor (Banca di Viterbo, Econet e Des artes) e non in vendita. Ma è soprattutto l’ultima puntata – il finale felice – della storia di tre amici, gli autori di questo libro. E vale la pena raccontarla, questa storia (con la minuscola) dentro la Storia.
Gli autori, Alessandro Boccolini, Luciano Ciprini e Mario Quintarelli lavorano alla Asl dagli anni Settanta, prima dentro l’ospedale grande, a due passi da piazza del Duomo, e poi, in tempi più recenti, nei nuovi uffici dell’azienda, e a Belcolle. Ad un certo punto decidono d’iscriversi all’università, e per favore nessuna battuta cattiva sui dipendenti pubblici che hanno un sacco di tempo per occuparsi d’altro piuttosto che del loro lavoro. Qui, all’università della Tuscia, incontrano il professor Elio D’Auria: “Li ho incitati ad occuparsi della storia della loro città – racconta oggi il prof – Ho detto loro: perché non fate delle ricerche sugli antichi ospedali viterbesi? D’altronde, avete a disposizione un archivio ricchissimo”. Detto fatto: i tre si laureano nel 2007, e dall’unione delle loro tesi e da un accurato lavoro di lima, nasce questo libro.
Spiega Mario Quintarelli: “Ci siamo divisi i compiti. Boccolini ha curato la parte iniziale, quella del Medioevo, Ciprini dei tempi più recenti e il sottoscritto dell’era moderna. E’ stata un’esperienza bellissima, della quale andiamo orgogliosi perché ci consente di lasciare qualcosa a testimoniare la storia della nostra città”. E non sono frasi di circostanza.
Perché intorno all’ospedale, e agli ospedali, s’è costruita la nostra civiltà. “Nel Medioevo i vari spedali furono organizzati lungo le fgrandi vie di comunicazione verso le città, affidati alla cura dei pellegrini verso Roma, nel nostro caso, e gestiti dai Comuni, dalle chiese, dalle confraternite e dalle corporazioni – spiega il professor D’Auria – In seguito vennero accorpati e riuniti in ospedali più grandi, come appunto il viterbese Ospedale grande gli infermi”. Per il quale la svolta arriva nel 1500 inoltrato, quando i cardinali Farnese e Gambara trasferirono da Valle Faul al Colle del duomo l’ospedale, sorto laddove c’erano tre chiese.
Il libro è corredato da foto e documenti, molti dei quali inediti, e alla sua stesura hanno collaborato, in un modo o nell’altro, anche Gian franco Ciprini, Valerio Giulianelli, don Domenico Spera e Giorgio Venanzi, tutti ringraziati dagli autori. Per il plauso finale del’assessore alla Cultura Tonino Delli Iaconi e del sindaco Michelini. E per la conclusione ovvia che per fare un’opera che abbia il vero per soggetto, l’utile per scopo e l’interessante come mezzo, spesso bastano tre studenti universitari un po’ grandicelli, ma curiosi, volenterosi e generosi nei confronti della loro città.