Un tempo l’arte era regolamentata da spocchiosi e non sempre lungimiranti mecenati. L’estro e le opere postume passavano attraverso le loro mani (i loro portafogli). Pagare qualcuno per dipingere, scolpire, costruire, insomma inventare, era più che altro un vezzo, un capriccio, ancor prima di rappresentare una missione sociale.
Non migliore fu, sempre a riguardo, il ruolo esercitato dalla chiesa. Laddove commissionare era sinonimo di imperare o comandare. In sostanza, la vita degli artisti (quelli poveri, seppur talentuosi) non era certo cosa facile.
E oggi? Le cose sono mutate. Non certo cambiate. È il mercato a decidere chi, dove e come. Il talento passa comunque in secondo piano. Anche se poi, fortunatamente, l’evoluzione della specie consente forme alternative di organizzazione.
È Il caso questo del poliedrico scultore viterbese Davide Dormino. Impegnato in una raccolta fondi innovativa, mirata a far conoscere il suo progetto ad ampio raggio in tutta Europa. L’idea nasce a braccetto con l’amico giornalista Charles Glass. Per una storia che vorrebbe raccontare libertà individuali e collettive. Che chiunque può aiutare a realizzare. Divenendo così parte del processo creativo ed espressivo.
Sviluppi. Nel 2015 un imponente gruppo scultoreo in bronzo attraverserà il vecchio continente (pensando positivo, chiaramente). Julian Assange, Bradley Manning e Edward Snowden, personalità controverse e discutibili, ma senza ombra di dubbio gente che ha avuto il coraggio di sfidare il potere, saranno rappresentati in piedi su una sedia. “Senza nessun compiacimento accademico, senza alcuna volontà agiografica”, così se ne parla. Una quarta seduta, vuota, prenderà corpo di fianco a loro. E vi potrà salire ogni persona desiderosa di farlo. Anche se in contrasto con la scelta sociale & politica di Dormino: “Anche per dissentire – dice lui stesso – questa è libertà”.
L’opera rabdomante porta il nome di “Anything to say?”. E raccoglie subito, già in fase di presentazione, l’adesione spontanea di amici e supporter. La miccia viene accesa con un flash-mob incentrato sui diritti civili. E si cominciano a cercare moderni e modesti mecenati sulla piattaforma di condivisione “Kickstarter”. Una sorta di evoluzione del cosiddetto crowd-funding.
L’obiettivo è di arrivare a 100mila sterline. Interamente da dedicare a fusione, trasporto (nei vari Paesi) e installazioni. In poco tempo 200 contributors hanno versato 15mila sterline. Quattromila invece le condivisioni sui social (motore pulsante della manovra). “Per cambiare o difendere le cose bisogna essere in tanti. Per essere felici, bisogna essere coraggiosi”, questo è il messaggio.
Il destino di “Anything to say?” risiede nelle mani di tutti.