Con le spalle al muro. Stefano Bonori, presidente della Talete, la società pubblica che gestisce il servizio idrico, si fa da parte. O meglio si siede sulla riva del fiume e aspetta che siano altri (gli azionisti, cioè i Comuni, cioè la politica) a fare le mosse necessarie. “Il consiglio di amministrazione – scandisce – ha seguito le indicazioni arrivate dai soci: cioè preparare un piano industriale di rilancio. Lo abbiamo fatto presentando con un lavoro puntiglioso e valido che, in passato, non era stato mai compiuto. Adesso il boccino passa nelle mani di altri”.
Il piano industriale si chiama Parca (che non è Cloto o Làchesi o Atropo, le tre divinità della mitologia classica che presiedevano al destino dell’uomo dalla nascita alla morte) ma un acronimo che sta per Piano di azione e rilancio competitivo aziendale. Detto così, pare di rifugiarsi nel burocratese spinto: in realtà, prevede una serie di interventi concreti e radicali di spending review con risparmi, tagli di spese, efficentamento energetico, riduzione di costi. E affronta anche il problema dell’arsenico, insieme a quello dei fluoruri, delle piogge acide, del mercurio con proposte concrete e credibili.
Allora, presidente, a che punto siamo?
“Siamo al punto che io e il cda il nostro compito lo abbiamo svolto. Il Parca è lì, è stato visionato e lodato, anche accettato dalla maggioranza dei soci, ma…”.
Ma?
“A fronte di una serie di passaggi che vanno nella direzione del miglioramento del servizio e di tagli con l’accetta su tutto il tagliabile, servono investimenti”.
E qui casca l’asino, come si suol dire…
“L’asino non casca se chi di dovere si assume le sue responsabilità”.
Traduzione, per favore.
“Faccio un esempio concreto. Se, come abbiamo previsto, interveniamo nel settore dell’efficentamento energetico, avremo consistenti risparmi sulla nostra bolletta energetica, che vale una cifra sui 7 milioni di euro l’anno. Non è poco ed è una componente di cui non possiamo fare a meno: senza energia elettrica, l’acqua nelle case non arriva. Mi pare persino superfluo sottolinearlo”.
E allora chi deve assumersi le sue responsabilità?
“I politici, è chiaro. E qui non si tratta neppure di tirar fuori soldi”.
In che senso?
“Andiamo con ordine. Talete non ha patrimonio e dispone di un capitale sociale di 453mila euro. Qualcuno realmente pensa che questo possa bastare ad aprire linee di credito serie con le banche”.
No, è chiaro. E allora?
“La politica in qualche maniera deve battere un colpo e far sentire che esiste. Attraverso un aumento di capitale o la sottoscrizione di obbligazioni o con qualunque altra formula che permetta di andare in banca e di esibire garanzie serie e concrete”.
Ci ha già provato?
“Sì, ho parlato personalmente con il presidente della Cassa depositi e prestiti Franco Bassanini e con un altro paio di importanti istituti di credito nazionali”.
Le risposte?
“Tutti convinti della bontà del piano industriale, ma senza garanzie di finanziamenti non se ne parla. E qui si parla di soldi destinati agli investimenti. Ma se con interventi mirati riduciamo il costo della bolletta energetica, otteniamo due risultati: riduciamo i costi di gestione e incidiamo anche sul debito pregresso”.
A proposito di debiti, in attesa della due diligence, si è potuto fare già un’idea…
“La due diligence non è stata ancora commissionata, ma è in programma visto che è stata espressamente richiesta dai soci. I debiti? La mia stima è di oltre i 15 milioni di euro”.
Bella botta…
“Già, ma il vero problema è che bisogna decidere. E anche presto”.
A questo punto sono a rischio anche le competenze dei lavoratori?
“Per dicembre direi di no: stipendi e tredicesime non dovrebbero essere in discussione”.
Perché usa il condizionale?
“Perché non posso sapere se domani ci arriva un altro decreto ingiuntivo. C’è un conto riservato per pagare le spettanze ai dipendenti. Ma il 19 prossimo, se non ricordo male, è prevista un’udienza per il pignoramento fatto dalla società elettrica sul conto dove finiscono le bollette. Oggi non posso sapere che succederà. Da gennaio 2015, senza interventi concreti, la situazione rischia di precipitare: questa è la verità”.
Zingaretti ha accennato alla possibilità del gestore unico, magari anche privato: che ne pensa?
“Premesso che io sono per il pubblico in un servizio essenziale come quello idrico, dico che con i populismi non si va da nessuna parte. In concreto, dico che se il pubblico non è in grado di fare la sua parte, allora bisogna pensare ad altro. Consorzio, nuovo ente, gestore privato: va tutto bene purché si decida. Certo i Comuni devono sapere con chiarezza che non aver fatto i depuratori per 20 anni è colpa grave. E che l’arrivo di una nuova figura non sarà la manna e avrà costi che si ripercuoteranno inesorabilmente sulle bollette. Qui salvatori della patria non ne vedo e non ce ne saranno nemmeno in futuro”.
In conclusione?
“Il Parca affronta nel pratico tutti i problemi sul tavolo, ma ha bisogno di essere supportato con atti concreti. Davanti alle banche dobbiamo andare con dignità chiedendo fiducia e offrendo garanzie. Senza tutto questo non so proprio che cosa potrà succedere”.