Scene da un autunno di cambiamenti. Al Comune di Viterbo, dove la verifica in maggioranza e in giunta ha smesso subito di essere una cosa seria per diventare un simpatico teatrino. E, molto più modestamente, qui a Viterbopost, con l’arrivederci di Arnaldo Sassi (grazie, di cuore) e un nuovo assetto redazionale, ma non certo editoriale né di contenuti né tantomeno di stile.
Fotogrammi di una scappata a Barcellona, tra polpi bolliti da mandare giù insieme ad una buona sangìa de cava (quella bianca). Ed esempi di come certe cose che da noi hanno provato – e continuano a provocare – polemiche belluine e scontri feroci, possono invece essere attuate in piena tranquillità, in modo quasi naturale.
Scena prima, placa de Sant Miquel, in pieno Barrio Gotico, giusto dietro placa de Sant Jaume, sede del municipio e della generalitat de Catalunya. Praticamente come la nostra piazza del Gesù, a due passi dal Comune e nel cuore del centro storico. E’ giovedì mattina, la gente lavora, va di fretta, i negozi sono aperti, gli uffici brulicano. In mezzo alla piazza c’è un camioncino, si chiama Punt vert mobil, punto verde mobile. A bordo, nella parte posteriore, un dipendente del servizio di nettezza urbana, che raccoglie i sacchetti di immondizia che gli abitanti della zona – ripetiamo, in pieno centro – gli consegnano appena usciti da casa. Lui ringrazia, e distribuisce le buste a seconda del contenuto nei recipienti più grandi del furgone. All’ora di pranzo, che da quelle parti è intorno alle 13.30 quando va bene, prende e se ne va, direzione centro raccolta, per consegnare il tutto. Ecco un modo semplice, comodo e discreto per migliorare la raccolta differenziata, affiancando al classico ritiro porta a porta (che nei vicoli stretti del Barrio viene effettuato con mezzi rigorosamente elettrici…) varie postazioni mobili nei punti chiave del centro storico. Risultato? Il centro di Barcellona, il Barrio Gotico, la Ciutat Vella, persino il famigerato Raval (il quartiere una volta più degradato, pieno di immigrati) è pulitissimo, certamente di più delle stradine medievali di Viterbo, a partire da San Pellegrino. E immaginate quanto potrebbe essere utile anche da noi una serie di punti verdi mobili…
Seconda scena, albergo tre stelle. Già al momento della prenotazione di avvertono sul sito – e nelle email di conferma – che c’è una tassa di soggiorno da pagare. Logico: ormai l’hanno messa ovunque, e dal 2015 anche nella Città dei papi, cosa che ha suscitato una marea di veleni. Ma torniamo in Catalogna. Al momento dell’arrivo in hotel, e del check in, l’impiegato spiega che è una tassa municipale, che vale per tutti e che non un euro va all’albergo. “I soldi vfengono utilizzati dal Comune per migliorare i servizi per i turisti, dalle informazioni all’accoglienza ai trasporti”. Ma quanto costa, questa tassa? Per due notti in un hotel a tre stelle il totale da pagare è stato 1.43 euro: una somma ridicola, naturalmente con fattura. Insomma, nessuna tragedia, specie perché le spiegazioni sono state convincenti, la cortesia impeccabile e la ricevuta conferma tutta l’onestà di questa operazione. Nessuna gabella, solo una tassa di servizio da pagare in un posto civile, dov’è il problema?
Morale della favola: mentre qui ci scanniamo per ogni piccola novità, dividendoci in guelfi e ghibellini, immaginando chissà quali sciagure e quali ripercussioni che le novità potrebbero avere sulla nostra (sfigatissima) economia, ad appena un’ora e mezza di volo da noi cambiano, innovano, migliorano. E non è provincialismo ammirare l’erba del vicino. No, i provinciali sono proprio quelli che s’ostinano a non copiare le cose belle altrui, forse perché se ne vergognano, o forse perché hanno soltanto paura.
Per trovare realtà virtuose da copiare non servirebbe nemmeno prendere l’aereo, a dire il vero. L’avversione verso la tassa di soggiorno nasce dalla consapevolezza che i soldi incassati andranno ad alimentare altri sprechi e non verranno destinati allo scopo per cui vengono richiesti.
C’è una discrasia tra la prima e la seconda parte dell’articolo. Si critica a spron battuto le posizioni campaniliste viterbesi e poi si incensa un’innovazione iberica nel campo della differenziata.
Proprio qui sta la peculiarità delle critiche a tal balzello. L’obolo della tassa di soggiorno è commisurata alla professionalità di un’amministrazione. In Spagna, d’altronde, non hanno il clientelarismo nostro, al contrario, lasciano a casa le stronzate made in Apple e quando qualche politico non fa le cose a verso finisce come Isabel Carrasco.
Da noi, al contrario, si paga l’obolo che andrà nelle tasche di un’amministrazione incapace che indice costosissimi consigli comunali a vuoto. Un turista che viene a Viterbo resterà ammaliato da: merda di piccione, sacchi di immondizia che arredano le lingue d’asfalto, le famose acque termali che da un giorno all’altro sono state risucchiate dall’arsura del demonio, tanto veleno nelle acque da far invidia all’assassino-tipo delle storie di Agatha Christie, saracinesche serrate per una gestione squinternata del marketing territoriale ed una politica che a tutto questo risponde felicemente: “fottesega”. La tassa di soggiorno (che a Viterbo sarebbe più alta) deve essere commisurata ai servizi erogati, altrimenti facciamo come nella rappresentazione animata di Robin Hood, dove lo sceriffo di Nottingham passava con il sacchetto per riscuotere i danari del Re e chi non pagava o si opponeva a tale ingiusta vessazione veniva arrestato.
Suvvia.