17112024Headline:

I ragazzi della Terza C

(Numero zero)

Dopo di noi ci stanno solo le biglie. Ecco. Con queste poche parole, pronunciate da un’aletta destra quarantacinquenne sui cento chili (a seguito di un inutile fallaccio beccato a centrocampo), si può sintetizzare il concetto di Terza categoria. Una lega, l’ultima possibile della Figc, che regala meno emozioni di un talk show di Marzullo. Che porta sugli spalti vuoti cosmici che manco al concerto di Gerardina Trovato. Che segnala, dal giorno dell’apertura dei cancelli ad oggi, appena una triangolazione chiusa. A fronte di una quantità di bestemmie e di entrata killer che non basterebbero due chilometri di pallottolieri per calcolarle.
Ciò nonostante c’è chi frequenta ancora questi lidi. Vuoi per amore, vuoi per follia (la seconda che hai detto). Si dice che il calcio è una malattia, d’altronde. E che non se ne possa uscire almeno finché si riesce ad arrivare (corricchiando) sul dischetto di gesso dove l’arbitro sorteggia a chi tocca il pallone e chi invece può scegliere il campo.
In questa rubrica leggera leggera verranno riportate settimanalmente le curiosità, gli approfondimenti, il personaggio o il delitto imperfetto emersi in una delle gare in cartellone.
Non un blog velenoso, quindi. Nessuno dopo-partita a stroncare la carriere degli arbitri. Che per quanto prendono meriterebbero una medaglia ogni volta che indossano la giubba nera. Bensì un divertissement. Una lettura sopra le righe, ironica, frivola, di quanto succede sugli sgarrupati rettangoli verdi (eufemismo) tra sabato e domenica.
Agevolata oltretutto dall’occhio privilegiato di chi in Terza ci gioca. E da un pezzo. E purtroppo sponda Etrusca Capodimonte (nessuno è perfetto).
Buon divertimento e, giacché si è fatta una certa, come disse una volta il (famigerato) fischietto Fernando Cilli, a Piansano: “Sbrigamose. Che prima famo e prima annamo a pranzo“. Parole sante.

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