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Cooperative: risorse o veleni?

Il commercialista viterbese Bruno Franci

Il commercialista viterbese Bruno Franci

“Le cooperative? Vanno di moda. Nel senso buono ma anche in quello meno buono”. A parlare è Bruno Franci, commercialista viterbese con un’esperienza ultratrentennale nel settore. E dunque ha la professionalità e il pelo sullo stomaco per fornire a Viterbopost una visione completa e approfondita sul sistema delle coop. Già, proprio quel sistema salito alla ribalta dopo l’esplosione dello scandalo di Mafia Capitale, nel quale parecchie società di questo genere prosperavano grazie agli appalti e ai contributi pubblici. Va detto, ad onor di cronaca, che la nostra chiacchierata con Franci è del tutto generica, e rapportata su una scala immensamente minore – e al netto di smentite assolutamente non illegale – come quella di Viterbo e provincia. Tuttavia vale la pena ascoltare i suoi discorsi per capire come funziona questo mondo, che può (e dovrebbe) essere una grande risorsa per l’economia italiana ma che spesso diventa la più classica delle scorciatoie per chi vuole fare soldi in fretta.

“Lo scandalo romano è importante per capire come funzionano certe cose – dice Franci – Ma non credo, e anzi mi sentirei di escluderlo, che nella Tuscia esistano delle situazioni del genere. Di certo, la cooperazione è una forza economica importante che, se ben interpretata e strutturata, può servire per tenere a galla il mondo imprenditoriale e il livello del lavoro, ma che può anche fornire agli imprenditori senza scrupoli una via d’uscita dalle difficoltà. Già, perché sono in molti coloro che approfittano delle agevolazioni concesse dallo Stato ad una cooperativa, e parlo di facilitazioni fiscali a patto che ci siano dei soci. Non capita di rado che un imprenditore privato, vedendo a rischio il suo modello convenzionale di attività, crei una cooperativa fittizia, o meglio spuria, con i dipendenti che invece risultano soci e che vengono pagati molto al di sotto del contratto nazionale. Con ingenti ribassi nel costo del lavoro e dunque la possibilità di concorrere nelle gare al ribasso fornendo un’offerta sulla carta molto più conveniente rispetto ai concorrenti che rispettano le regole”. Per capirci: se il contratto nazionale prevede un salario minino di 16.90 euro lordi l’ora a persona (compresi i contributi previdenziali) le cooperative spurie arrivano a pagare i loro lavoratori anche sei o sette euro l’ora. Un risparmio netto che può essere reinvestito abbassando sensibilmente l’offerta nell’appalto pubblico che si vuole ottenere.

“Il senso e il fine della cooperazione – avverte Franci – è virtuoso, perché tiene conto di parecchi aspetti cruciali, dalla mutualità, alla sicurezza, alla vita sociale dei membri e dei lavoratori. Ma accade sempre più spesso che esso sia interpretato in modo forzato da alcuni soggetti spregiudicati. E questo non fa che indebolire l’immagine del sistema e a creare una discrepanza tra le coop genuine e quelle spurie, per non parlare degli imprenditori schietti, che si vedono scavalcare dalle finte coop con offerte al ribasso anche del 30 o del 40 per cento”. È il caso per esempio dell’edilizia, dove le cooperative artigiane spurie, scavalcando la Cassa edile e gli organismi del settore, hanno imbastito una vera e propria concorrenza sleale nei confronti dei costruttori veri, che fanno un mucchio di sforzi per rispettare tutte le leggi, fiscali, di sicurezza e lavorative.

E nella Tuscia come siamo messi? Secondo Franci non malissimo: “Nel senso che il fenomeno è arrivato da noi dopo Tangentopoli, all’inizio degli anni Novanta, con tanti imprenditori tramortiti dalla crisi economica che hanno iniziato a creare cooperative spurie per continuare a lavorare e garantirsi ancora un buon margine di ricavo. Ma certo non siamo a livelli d’allarme, anche se negli ultimi anni, anche a causa dell’arrivo di investitori provenienti da altre parti d’Italia e dunque più smaliziati, un incremento c’è stato. Ma ci sono, per fortuna, anche gli organismi che vigilano”.

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