La patata dell’Alto Viterbese ha ottenuto di recente l’Igp, un riconoscimento importante per una zona in cui dagli anni ’70 il tubero, subentrato alle fragole, è divento la coltura principale trovando ottime condizioni pedoclimatiche.
“La certificazione europea è stato un passo necessario. Ha significato dare alla zona il riconoscimento del prodotto. L’areale interessato dall’Igp, quello che ricade nei comuni di Acquapendente, Bolsena, Gradoli, Grotte di Castro, Latera, Onano, San Lorenzo Nuovo, Valentano e Proceno, è caratterizzato da un terreno vulcanico e soffice ricco di potassio, con un clima mitigato grazie alla presenza del lago di Bolsena: condizioni che rendono il nostro prodotto unico”, dice Vincenzo Rosati direttore del Ccorav, Consorzio Cooperativo Ortofrutticolo dell’Alto Viterbese da dietro la sua scrivania. Siamo nel grande fabbricato del Consorzio, a Grotte di Castro: 12.250 metri quadrati dove oltre agli uffici, ci sono il laboratorio analisi, le macchine e le attrezzature per la lavorazione e le celle frigorifere per una capacità di 20.000 tonnellate.
“Che cosa comporta produrre patate Igp?”chiede Carlo Zucchetti.
“Significa essere sottoposti a una serie di controlli e certificazioni che incidono sui costi per circa il 10%. Significa dover rispettare il disciplinare di produzione che richiede l’obbligo di rotazione biennale e un piano di concimazioni e trattamenti secondo le regole della lotta integrata disposte dalla Regione. Noi facciamo controlli in raccolta e post raccolta. Significa tracciabilità dell’etichetta e certezza del luogo di produzione”.
Trecentodieci ettari dei quattrocento iscritti all’Igp appartengono ai soci del Consorzio. Parlando con Rosati, si avverte il desiderio di dare la giusta visibilità a questo prodotto e cercare di far crescere la zona. L’Igp è più un punto di partenza che di arrivo. Il Consorzio lavora con passione su un territorio dove la maggior parte delle aziende sono di piccole dimensioni, si parla di una media di 7 ettari e spesso si tratta di un’agricoltura da cui proviene un reddito integrativo, che non prevede investimenti o ampliamenti. Sarebbe importante invece riuscire ad aumentare la propria presenza sul mercato grazie a un prodotto che, per la sua qualità, merita maggiore attenzione.
Com’è cambiato negli anni il volto dei soci?
“Ancora non c’è stato un ricambio generazionale importante, tale da determinare un rinnovamento sia a livello di estensioni che di investimenti. Nella nostra zona la patata continua ad essere percepita come prodotto povero e le aziende in media sono piccole. Nei casi in cui si è verificato il subentro delle nuove generazioni sono stati fatti cambiamenti volti a un incremento della produzione con ottimi risultati. L’IGP comporterà qualche modifica, visto l’obbligo di rotazione”.
Nato nel 1972, il Ccorav raggruppa cinque cooperative agricole ed è una realtà promossa dall’Ente Maremma per fare vendite e acquisti comuni. Oltre 600 soci conferiscono al Consorzio non solo patate, ma anche cereali e legumi. Dal piccolo e candido fagiolo del Purgatorio di Gradoli, conosciuto per il suo sapore delicato che ne rende particolarmente felice l’abbinamento con il pesce a quello verdolino e quello giallo di San Lorenzo. C’è poi il cece del solco dritto di Valentano. Nome insolito facilmente memorizzabile legato alla tradizione contadina della tiratura del solco dritto che si svolge ogni anno nella piana sottostante il paese di Valentano. A seconda che il solco, in passato tirato dai buoi, ora dal trattore, riesca più o meno dritto, vengono tratti gli auspici sul raccolto successivo. E ancora la lenticchia di Onano e il farro del pungolo di Acquapendente anch’essi fortemente legati al territorio da una tradizione colturale antica. Per i legumi è stata predisposta una cella frigo apposita che arriva a – 20° e permette, come una sorta di abbattitore, la conservazione del prodotto senza ricorrere a trattamenti.
In Italia produciamo 15 milioni di quintali di patate e ne consumiamo 21 milioni. La Tuscia con i suoi 300 mila quintali di prodotto rappresenta il 2% del mercato nazionale. Dovrebbe essere un buon prodotto su cui investire. Quali mercati occupa la patata del Ccorav?
“Non so se ti è capitato di vedere la puntata di report del 28 aprile scorso. I numeri sono quelli che hai detto, ma abbiamo un problema con i confezionatori che riescono ad aggirare la legge e a far apparire italiane partite che vengono per esempio dalla Francia, hanno prezzi minori, ma un uso di sostanze che in Italia sono completamente vietate come alcuni fungicidi e degli insetticidi permessi Oltralpe. La GDO, a cui va il 70% del nostro prodotto, è molto attenta alla tracciabilità perché è più esposta ai controlli. Gli ultimi due anni il mercato aveva fatto registrare una buona liquidazione, circa 30 centesimi al kg, quest’anno la sovrapproduzione a livello europeo ha fatto crollare i prezzi”.
“Parliamo di varietà. Cosa cambia, quali sono quelle più diffuse e per cosa sono adatte?”
Questa volta ci risponde il responsabile amministrativo Roberto Pucci: “Per quanto riguarda il Ccorav abbiamo una segmentazione di prodotto, la patata a buccia rossa da fritto, quella a pasta gialla o bianca più adatta agli gnocchi. Le patate vengono qualificate in fasce: A quelle di prima scelta, definita sana leale mercantile; B quelle di seconda scelta che presentano qualche piccolo difetto (tondino verde, qualche battitura). All’interno di questa prima differenziazione poi si dovrebbe scegliere la varietà più indicata, considerate che le varietà sono davvero tante.Nel disciplinare della nostra IGP sono ammesse Monalisa, Ambra, Agata, Vivaldi, Finka, Marabel, Universa, Chopin, Arizona e Agria. La Monalisa è la varietà più diffusa per gli ottimi risultati sia a livello qualitativo che produttivo ed è una delle più vecchie, risale agli anni 60. È molto saporita, si presta bene a molte preparazioni, in particolare ad essere cotta in forno o per gli gnocchi. Tra quelle che commercializziamo maggiormente abbiamo poi l’Ambra con cui si fanno ottimi gnocchi e l’Agata, la nostra precoce consigliata per il purè”. Con professionalità e gentilezza sia Vincenzo Rosati che Roberto Pucci ci spiegano i passaggi, cercano di farci entrare dentro a una produzione di cui si parla poco rispetto ad altri settori dell’agroalimentare.
Scendiamo nei locali di lavorazione dove operano 25 addetti. Le patate rotolano sui nastri trasportatori dove tre persone eseguono l’ultima selezione. ”Dopo una prima cernita, i tuberi subiscono un lavaggio e un’asciugatura poi vanno sul nastro per la seconda cernita manuale e da qui al confezionamento. La dimensione dei tuberi varia molto secondo le condizioni di coltivazione oltre che con la varietà: il calibro accettato va 45 mm (minimo accettabile per consumo) a 75 mm” Ci spiega Mirko Giuliani, agronomo giovane, preparato e di grande simpatia, mentre ci indica i luoghi dei diversi passaggi prima di portarci a visitare le grandi celle frigorifere.
Per finire arriviamo al punto vendita dove troviamo anche gli altri prodotti, legumi e farro. Un’ottima occasione per assaggiare i prodotti del Ccorav, presenti nei supermercati Coop e Conad della Tuscia.
(dal blog di Carlo Zucchetti)