Potrebbe essere Viterbo, dopo Matera, la prossima capitale europea della cultura? E’ un’ipotesi interessante, ma al di là dei facili entusiasmi è opportuno conoscere qualcosa sulle origini e sui meccanismi che regolano le designazioni delle capitali europee della cultura da parte dell’Unione Europea.
L’iniziativa nacque nel 1985 promossa da Melina Mercouri; già nota come attrice e cantante si dedicò poi alla vita politica del suo paese, la Grecia, fino a rivestire il ruolo di ministro della cultura. La prima “città europea della cultura” nel 1985 fu Atene. Nel 1999 la denominazione fu cambiata in “capitale europea della cultura”. In quello stesso anno fu stabilito che ogni stato membro dell’UE a rotazione avesse il diritto di ospitare la sua capitale. Per l’anno 2019 gli stati membri ospitanti la capitale europea della cultura saranno l’Italia con la città di Matera designata nei giorni scorsi e la Bulgaria. Per la nuova capitale europea della cultura dopo il 2019 l’Italia dovrà attendere il 2033; questa volta insieme ai Paesi Bassi.
Indubbiamente ci sono alcune affinità tra Matera e Viterbo oltre alla bellezza dei loro territori: l’insufficienza di efficaci vie di collegamento stradali e ferroviarie e la mancata crescita economica. Pochi giorni fa in una trasmissione della Rai venivano intervistati cittadini di Matera: c’era chi lamentava la cronica mancanza di collegamenti stradali e ferroviari con la speranza che, grazie alla recente prestigiosa designazione, potessero essere avviate opere di costruzione di nuovi collegamenti; altri, più giovani di età, ovviamente riponevano le loro speranze su una positiva ricaduta occupazionale.
Pari pari, ahinoi, le stesse medesime domande (e speranze) appartengono a Viterbo. Un quesito realistico va posto prima di ogni altro progetto o proposta per il futuro: siamo nel 2014 e al 2033 mancano quasi 20 anni. Le procedure necessarie per candidare Viterbo quale città italiana “capitale europea della cultura” dell’anno 2033 dovranno essere attivate molto tempo prima, ma nel frattempo che fare?
Le legittime aspettative dei viterbesi in merito allo sviluppo del loro territorio, alla costruzione di vie di collegamento stradali e ferroviarie, alla creazione di posti di lavoro non possono aspettare oltre invano. Va invertita la rotta a quanto è stato fatto, o meglio non fatto, dalle classi dirigenti viterbesi. Le bellezze della città di Viterbo possono essere il volano giusto per far ripartire l’economia e creare occupazione.
E’ noto però che la promozione turistica territoriale non può prescindere dalla valorizzazione delle eccellenze. Ed è noto a tutti pure che ognuno di noi volentieri visita un posto bello e ricco di testimonianze del passato ma lo visita ancora più volentieri se ci arriva agevolmente. Segnali in questo senso però non se ne scorgono. Al contrario alcune decisioni recenti dell’amministrazione comunale destano quanto meno perplessità. Il museo civico di Viterbo è stato riaperto al pubblico da pochi giorni dopo anni di chiusura e tra le eccellenze della sua pinacoteca vi sono opere di Sebastiano Del Piombo, pittore rinascimentale, sodale artistico di Michelangelo, apprezzato da storici dell’arte del calibro di Strinati, Paolucci, Sgarbi (era presente all’inaugurazione e ha illustrato nell’attigua chiesa di S.Maria della Verità gli affreschi di Lorenzo da Viterbo, pari secondo le sue parole ai più noti Piero della Francesca e Mantegna).
Una delle opere più significative di Sebastiano del Piombo, “La Pietà”, fu definita da Antonio Paolucci in un’intervista rilasciata a Vittorio Zincone per il settimanale Sette del 30 giugno 2011 “Uno dei quadri più belli al mondo. Un notturno shakespeariano su tavola”. Ebbene si parla di darla in prestito a Vicenza per una mostra sui notturni della storia dell’arte. Se questa volete chiamarla promozione turistica del territorio fate pure. La situazione attuale non è positiva e il 2033 è di là da venire.