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Staino e Macaluso: la satira nel Pci

Sergio Staino

Sergio Staino

Due sono i Bobo che hanno segnato indelebilmente la storia politica italiana. Il meno incisivo (e utile, ai fini del mondo) è Craxi. Figlio d’arte. Giacché Bettino si può tranquillamente definire artista (che poi con socialista fa anche rima). E affetto dal medesimo morbo di Cristiano De André. Virus noto ai più come “era meglio se rispetto a tuo padre facevi un altro lavoro”.

E poi c’è il secondo, di Bobo. Che non ha cognome. Ma rimane comunque più fortunato, nonché affidabile, rispetto al primo. Pochi capelli e tanta barba. Occhialoni da vista. Abbigliamento alla come capita e vaga somiglianza con Umberto Eco. È il Bobo nato dalla matita velenosa di Sergio Staino, nel lontano 10 ottobre 1979. Quello che non ha mai smesso di commentare, attraverso le famigerate strisce, gli eventi di politica italiana ed internazionale. “Rivolgendo un’attenzione particolare alle trasformazioni della sinistra”, così giura Wikipedia. E da ciò si deduce quanto abbia avuto da fare e quanto ne avrà ancora in futuro. Nella classica ottica autolesionistica che tanto piace, e ancor più contraddistingue, il variegato pianeta comunista. I nati oppositori, sempre bravi a farsi male da soli.

Passerà da Viterbo, il piccante fumetto dello Staino nato a Piancastagnaio settantaquattro anni fa. Bobo, la riflessiva moglie Biba, i sempre curiosi figli Ilaria e Michele, l’amico imbronciato Molotov e la fastidiosa vicina di casa Erna. A braccetto con le creature di Ellekappa e di molti altri professionisti della satira. Per volere della Fondazione Gualtiero Sarti, dell’organizzatore Ermanno Barbieri, e dentro la Sala mostre della Provincia. In una rassegna dal titolo “Tango, cuore e… Come la satira ha fatto morire (dal ridere) il Partito comunista. Apertura dei cancelli prevista per domani e in loco fino al prossimo 30 di novembre. Oggi invece tocca alla presentazione. Con l’onorevole Emanuele Macaluso e lo stesso Staino, intervistati dalla prima firma del Messaggero locale, Giorgio Renzetti (ore 17, sempre via Saffi).

L’occasione è ghiotta e culturale di brutto, seppur spassosa. Ideale in primis per i figli del Che che volessero perseguire nella pratica dell’autoflagellazione. Così, tanto per non perdere il vizio.

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