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L’ultimo (brutto) spettacolo di Ferento

La recinzione completamente divelta: incrtedibile

La recinzione completamente divelta: incredibile

Se Castel d’Asso è lunare, vicina e lontana da Viterbo, Ferento – l’anfiteatro romano di Ferento – è il Far West. Desolato, decadente, sferzato dal vento. Un posto ideale per regolare i conti a duello (ci mancano soltanto i cespugli di erba mobile che rotolano sulla strada) o per qualche congresso carnale più o meno extraconiugale. E in effetti quando si arriva nello spiazzo del teatro sembra che i due passeggeri di questa Ford proprio questo stiano facendo: un Mezzogiorno di fuoco sui sedili reclinabili.

Ferento, la seconda delle tre punte – dopo Castel d’Asso e prima dell’altra necropoli di Norchia – che il Comune vorrebbe dispiegare, in un tridente zemaniano, nella partita che dovrebbe portare Viterbo ad Expo21015, insieme alle altre città del centro Italia che possono vantare testimonianze e resti etruschi. Ma c’è da scommettere che le carte in mano di Tarquinia e Montalto, di Cerveteri e Orvieto, siano molto meglio conservate delle nostre. D’altronde, basta poco.

A Ferento si arriva dalla strada Teverina lungo un chilometro e mezzo di strada asfaltata che sembra una pista indiana. Buche che mettono a dura prova stomaci & ammortizzatori, erba alta ai margini, cavalli che pascolano nei campi. Cavalli che non sono gli unici esseri viventi in zona: nel piazzale, come detto, ecco l’utilitaria in sosta coi corpi avvinghiati nel primo pomeriggio. Romantico, molto romantico. Due gatti bianchi s’aggirano nei paraggi.

Più avanti, si arriva all’ingresso dell’anfiteatro. Ingresso si va per dire: c’è un cancelletto in ferro battuto chiuso con un lucchetto, ma per entrare

L'ingresso principale con l'avviso di proprietà privata

L’ingresso principale con l’avviso di proprietà privata

non servono le chiavi. La recinzione tutt’intorno, infatti, è divelta, sgarrata, in un punto dietro il palco, addirittura, abbattuta. Non c’è bisogno di scavalcare, basta mettere un piede oltre la linea e accedere alla preziosissima area archeologica. Naturalmente a proprio rischio e pericolo, visto che un piccolo cartello (uno solo) avverte che la zona è “proprietà privata”. Il cronista si risparmia la denuncia (semmai dovesse arrivare una pattuglia di forze dell’ordine, ma non arriva nessuno in un’ora di permanenza) e resta sul suolo pubblico, ma è troppo facile immaginare che qualcuno abbia oltrepassato spesso il confine. Per farsi un giro, e magari per rubare un prezioso sassolino da rivendere a qualche collezionista di roba antica, o anche solo per piazzarlo in giardino di casa, sai che figurone coi vicini.

Ecco, Ferento è la nostra Pompei, anzi peggio. Perché nessuno controlla (non c’è nessuno a controllare), né si può pensare che basti una rete piena di buchi e passaggi per arginare i vandali, i ladri, o anche solo gli sprovveduti troppo curiosi. In quanto ai crolli – finora primato della stessa Pompei – se continuiamo così ci arriveremo presto anche noi. Erba alta dappertutto, in mezzo agli scavi e alle rovine, e quei nastri bianchi e rossi già visti a Castel d’Asso a segnalare le aree a rischio. Come se bastasse piazzare un nastro per evitare che un’antica colonna piombi addosso ad un visitatore.

I cartelloni della stagione teatrale abbandonati dietro le quinte del palco

I cartelloni della stagione teatrale abbandonati dietro le quinte del palco

Già, ma chi ci viene a Ferento? In qualche sabato della scorsa primavera sono arrivate dalle scolaresche, invitate in pompa magna dal Comune per celebrare la “riapertura” del sito. Mille studenti in cinque mesi, tanto da far esclamare al sindaco Michelini la seguente, memorabile, frase: “Questa amministrazione tiene particolarmente a Ferento”. Ma nessuna madre, oggi, sognerebbe di spedire il figlio in mezzo a questo groviglio di rovi, in mezzo a queste pietre pericolanti. Sempre la scorsa primavera ci sono state delle visite organizzate dall’Università e della Soprintendenza, la terza domenica di ogni mese, e quelle curate dal Fai. E certo, nelle sere d’estate l’anfiteatro ha ospitato qualche rappresentazione teatrale e qualche concerto: a ricordarlo ci sono ancora le plance con i loghi degli sponsor privati e quelli istituzionali (Regione, Provincia e Comune), buttate a terra sotto un antico arco delle quinte. Nessuno che si sia degnato di rimuoverli, come se all’improvviso un’eruzione vulcanica avesse fatto scappare tutti. A Ferento, oggi, come a Pompei, tanti secoli fa.

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