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Il grido di dolore dell’Andosilla

Il commissario straordinario dell'Asl Luigi Macchitella

Il commissario straordinario dell’Asl Luigi Macchitella

Il nuovo atto aziendale predisposto dalla Asl di Viterbo e inviato dal commissario straordinario Luigi Macchitella alla Regione appena lunedì scorso è una minaccia per l’esistenza stessa dell’ospedale di Civita Castellana. Il secondo della provincia per numeri e per importanza, il riferimento per un territorio vastissimo che dall’Agro falisco interessa anche parte della zona a nord di Roma e della Sabina. Ne sono convinti a Civita Castellana, dove a fianco di varie forze politiche (che potrebbero anche strumentalizzare lo scenario) sono scesi in campo tanti comitati spontanei di cittadini, e persone comuni. “Perché la percezione diffusa qui, e nei paesi vicini, è che si voglia chiudere l’ospedale, domani e dopodomani”, confida un acuto osservatore delle cose civitoniche.

Tutto parte dal decreto 368 firmato dal presidente della Regione Nicola Zingaretti, quello della famosa “ristrutturazione della rete ospedaliera regionale”. Un obiettivo sulla carta ragionevole, per una sanità laziale ancora commissariata e bisognosa di cure drastiche. I tagli, dunque, potrebbero anche essere comprensibili, purché applicati con giudizio. E nella Tuscia questo non accadrebbe, anzi la situazione sarebbe totalmente diversa rispetto agli esempi che arrivano dalle altre province. A partire dalle tanto annunciate riduzioni dei primariati, per abbattere i costi: i primari sono invece aumentati, molti non sono stati accorpati (lasciando in attività diversi doppioni) e ai cinque rimasti a spasso dalla rivoluzione di Macchitella potrebbe venire offerto il trasferimento in altre Asl del Lazio pur di continuare ad esercitare. “Si tratta del classico gioco delle tre carte – dicono i critici – offrendo alla Regione l’approvazione di misure che riducono sì i numeri, ma stravolgono in peggio anche la sostanza”.

Il sindaco di Civita castellana Gianluca Angelelli

Il sindaco di Civita castellana Gianluca Angelelli

E allora vale la pena chiedersi cosa cambierà per i pazienti – e i cittadini dell’area servita dall’Andosilla – con questa rivoluzione. Intanto, il declassamento delle unità di Radiologia, Medicina e Laboratorio analisi, che pure potevano vantare nel recente passato risultati importanti, anche in confronto di Belcolle. Vuol dire soprattutto una drastica riduzione delle risorse umane e tecnologiche, perché i reparti di Civita Castellana diventano gioco forza periferici: è a Belcolle che sta il primario, colui che per definizione tratta con i vertici dell’azienda per ottenere forze lavorative fresche e macchinari d’avanguardia. Lecito pensare che preferisca implementare il suo reparto viterbese, piuttosto che disperdere energie nella provincia dimenticata… Insomma, la convinzione comune a Civita Castellana è che i servizi andranno a peggiorare alla distanza, nonostante gli sforzi del personale in servizio, che di certo darà il massimo fino alla fine.

Mentre per il laboratorio analisi i problemi potrebbero arrivare più in là, è altrove che i cambiamenti potrebbero essere imminenti. In Radiologia, per esempio, dove la Tac, dovrebbe essere sostituita: è un apparecchio logoro, si guasta spesso. La Terapia subintensiva è chiusa di fatto (dopo che l’ex governatrice Polverini giubilò a suo tempo la rianimazione) visto che non è stata inserita nel nuovo piano aziendale. Il Pronto soccorso ha locali stretti, senza recovery room, nonostante il lavoro dei sette medici (che a gennaio scenderanno a sei) che comunque assicurano quasi la metà dei colleghi di Belcolle, che però sono 23. E di altre situazioni pericolanti ce ne sarebbero, basta farsi un giro in città.

E così, con Montefiascone e Ronciglione ridotti ormai a appendici di Belcolle, Tarquinia alle prese anch’essa con tagli orizzontali e Acquapendente salvato per ora solo a parole (“Dobbiamo continuare a vigilare per evitare scherzi, ha detto il sindaco), anche Civita Castellana rischia di accelerare la corsa verso il declino. E poi l’estinzione. In compenso, si continua a vaneggiare su un obiettivo impossibile, la trasformazione di Belcolle a Dea di secondo livello, mentre la periferia – così delicata e così fondamentale per gli equilibri della sanità regionale – diventa terra bruciata. Chissà che ne pensa il sindaco Angelelli. Chissà che ne pensano i due consiglieri regionale di maggioranza espressi dalla Tuscia. Quello che pensano i cittadini civitonici, invece, è chiarissimo.

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