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I furbetti del prosciuttino

prosciuttoCon l’endorsement degli industriali della carne finalmente si chiarisce a tutti gli italiani come nasce lo schema di decreto che consente di realizzare prosciutto senza carne di maiale, ma che può contenere più acqua e aromi chimici. Le dichiarazioni di Assica (associazione industriali delle carni e dei salumi), dimostrano di conoscere un po’ troppo bene le presunte “bufale” contenute nella bozza di schema di decreto sui salumi che dovrebbe essere elaborato dal ministero dello Sviluppo Economico.

Piuttosto che rivedere al peggio le leggi che regolano il settore dei salumi sarebbe utile alla nostra economia adoperarsi per l’attuazione della legge sull’etichettatura con l’indicazione obbligatoria dell’origine italiana, di importanza fondamentale soprattutto per i prodotti trasformati. Non possiamo commettere un autogol che danneggia il patrimonio di credibilità conquistato dal Made in Italy in Italia e all’estero dove dobbiamo acquisire quote di mercato con politiche di trasparenza e verità.

Ci si sarebbe aspettati che a difendere le allucinanti novità del decreto fosse stato chi lo ha proposto ed invece sono scesi animosamente in campo solo i “furbetti del prosciuttino”. Non è un caso che tre prosciutti su quattro venduti in Italia provengono in realtà da maiali stranieri senza alcuna indicazione per i consumatori per la forte opposizione in Italia ed in Europa ad una norma che obbligasse ad indicare la provenienza delle carni in etichetta, anche per evitare le gravi frodi che hanno segnato il settore come quella recente della carne di cavallo spacciata per manzo.

Ora si cerca di aumentare dell’uno per cento il contenuto di umidità per far pagare l’acqua come la carne ai consumatori sulla base di considerazioni tecniche del tutto opinabili mentre è certo che chiamare prosciutto un salume senza carne di maiale, nonostante le specifiche, resta forviante perché del tutto estraneo alla cultura alimentare italiana. Forse per pudore, Assica tace invece sul tentativo di dare il via libera ad ulteriori aromi chimici per insaporire la carne cosi come nulla si dice sulla prassi di utilizzo di cosce congelate provenienti dall’estero, prevista dal precedente decreto salumi del 2005. Sostenere una politica che riduce i parametri di qualità dei nostri prodotti piu’ tradizionali significa abbattere il livello di competitività del Made in Italy sui mercati nazionali ed estero ma anche attentare alle garanzie di scelte informata dei consumatori e al futuro degli allevatori italiani.

Ricordiamo alle Istituzioni che il vero Made in Italy non è un filone aurifero inesauribile. Va invece difeso e protetto con cura maniacale nell’interesse dell’economia, del lavoro e della qualità della vita del Paese, altro che danneggiare un comparto.

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