Alle 4,30 di ieri mattina, presso l’ospedale di Belcolle, ricoverato a seguito di un’insufficienza renale, è morto Nello Marignoli, l’ultimo partigiano della Tuscia.
Nato a Viterbo, il 19 aprile 1923, figlio di Giuseppe, benzinaio-gommista a viale Raniero Capocci, Nello fu arruolato il 26 gennaio 1942 nella Regia marina militare italiana, in qualità di radiotelegrafista. Nel maggio dell’anno successivo fu inviato sul fronte greco-albanese, a bordo del dragamine Rovigno, ove compì cinque missioni. L’Armistizio lo sorprese al porto di Valona. Proprio in qualità di marconista aveva captato la notizia dalle emissioni ad onde corte di Radio Cairo. Portata l’informazione in plancia, il comandante in seconda gli aveva puntato la pistola intimandogli di non divulgare quello che considerava solo un messaggio della propaganda nemica. Il 12 settembre i tedeschi salirono direttamente sulla nave e chiesero ai marinai chi voleva passare immediatamente a combattere per il Terzo Reich. Solo uno aderì; gli altri furono fatti prigionieri.
Marignoli fu internato in Bosnia, nei campi di concentramento di Dubrovnik, Zitomislici e Citluk, dove, tra sofferenze, soprusi e privazioni d’ogni tipo, svolse la professione di vulcanizzatore, cioè riparatore di gomme. Grazie ad uno stratagemma organizzato dall’Esercito popolare di liberazione jugoslavo (Eplj) tramite infiltrazioni nel campo di concentramento, Marignoli riuscì ad evadere nell’agosto 1944. A Mostar, gli ufficiali jugoslavi gli proposero di entrare nella lotta di liberazione. Proprio nel passaggio alla Resistenza, si ritrovò in un accampamento con diverse migliaia di alpini della divisione Tuarinense, in procinto di diventare la Taurinense-Garibaldi. Così, in un esercito che per le comunicazioni si serviva delle staffette, Marignoli divenne radiotelegrafista presso la X Brigata Herzegovaska dell’Eplj. Prese parte a diverse battaglie sul fronte di Bileca, Dubrovnik, Mostar e Sarajevo sino a raggiungere Trieste, la città contesa, nel maggio 1945. Durante la Resistenza, Marignoli fu altresì testimone dei crimini commessi dal nazifascismo contro le popolazioni balcaniche e contro i soldati italiani stessi, dopo l’8 settembre. Fece ritorno a piedi e in autostop sino a Roma, per giungere a Viterbo con il treno della Roma nord. Al posto però della casa, in via Garibaldi, trovò un cumulo di macerie, in una città semidistrutta dai bombardamenti alleati. A riconoscerlo, un cugino di secondo grado, Domenico Morelli, che lo accompagnò dalla madre, sfollata con tutta la famiglia in via delle Piagge, nel quartiere di S. Faustino.
Per i meriti di guerra, Marignoli, riconosciuto con il grado di maresciallo, ottenne la medaglia di bronzo, la croce di guerra e la qualifica di partigiano combattente all’estero, dal ministero degli Interni. Dal presidente della repubblica federativa socialista jugoslava, Josip Broz Tito, ricevette, nel 1964, la “Spomen medalju”, la medaglia commemorativa in ricordo della lotta partigiana nel territorio jugoslavo.
Da civile, Marignoli riprese l’attività di gommista. Da pensionato ha ottenuto il Leone del Comune per l’impegno nell’imprenditoria. Iscrittosi all’Anpi nell’immediato dopoguerra, ha partecipato assiduamente all’attività dell’associazione, presenziando alle cerimonie pubbliche, finché le condizioni di salute glielo hanno consentito. Nel congresso del 29 gennaio 2011, difatti, il comitato provinciale Anpi lo ha eletto presidente onorario. In questi anni l’Anpi si è impegnata a divulgare l’esperienza di Marignoli, promuovendo e sostenendo pubblicazioni cartacee, audiovisive e drammaturgiche.
Con Nello se ne va l’ultimo combattente partigiano di Viterbo. I funerali di Marignoli si svolgeranno questa mattina alle 10,30, nella chiesa del Sacro Cuore al quartiere Pilastro.