Ci dev’essere qualcosa nell’acqua. Ma non è arsenico, è qualcosa di peggio: una sostanza che fa tifare al contrario. Che trasforma persone normali in gufi, con gli artigli, la barbetta e quel tipico verso che fa “gu-gu”, meglio se lanciato da un trespolo. Il calcio cittadino è pieno di questi simpatici animaletti: in confronto il Pd è l’asilo Mariuccia, e quando il segretario Renzi si lamenta di questi volatili forse dovrebbe farsi un giro allo stadio Rocchi per ricredersi.
Già, i gufi. Quelli che criticano, quelli che addirittura esultano quando la Viterbese perde una partita. Sono gli anticamilliani, cioè coloro che “non amano” (eufemismo) la famiglia Camilli. Per fortuna non sono numerosi, è una specie a rischio per diversi motivi – l’inquinamento, i fucili dei cacciatori e le doppiette dei Saranitovic -, ma quando accade che i gialloblu perdano una partita, i gufacci escono dalle loro tane e ricominciano coi loro versi. Sono in minoranza rispetto ai veri tifosi e alle persone disinteressate, ma fanno un gran baccano.
E’ successo anche domenica, dopo la sconfitta (1-0) a Sora. Via con le critiche, via con gli attacchi gratuiti. Per il gioco espresso dalla squadra, per le scelte di Ferazzoli, per lo stato di forma di questo o quello. Esercizio interessante e poco attendibile, visto che la maggior parte degli uccellacci a Sora neanche c’erano, e la partita se la è soltanto sognata durante il riposino post prandiale (chissà se avevano mangiato la peperonata). Tutti esperti di calcio, questi qui. E anche nostalgici. Non del Ventennio, ma del Quinquennio, la sciagurata epoca storica precedente a quella dei Camilli e che quasi portava la Viterbese all’estinzione. Alla stessa fine, per capirci, del dodo, del leopardo delle nevi o dell’elettore del Nuovo Centrodestra. “Ah, quanto giocava bene la Viterbese di Farris…”, “Ah, che cuore che aveva quella squadra…”, “Ah, che vittoria con l’Arezzo…”. E Claudio Villa era molto meglio di Tiziano Ferro, signora mia. Peccato che quella Viterbese avesse la data di scadenza addosso, nessun futuro davanti e tanti impicci intorno. Se non fosse stato per Camilli (e per qualche coraggioso in ordine sparso, ma soprattutto per Camilli), oggi si faceva un’onesta Seconda categoria, e tutti in trasferta a Bomarzo.
La verità è che Camilli è sì amatissimo dai tifosi, quelli che ragionano con la pancia e con il cuore, e invece sta antipatico a tutti coloro – non necessariamente tifosi – che nel Comandante individuano un pericolo. “Magari politico, perché hanno paura che si possa candidare, e diventare, nuovo sindaco di Viterbo o peggio – sussurra un frequentatore della tribuna centrale molto attento alle cose della città – Magari perché si sono visti respingere qualche richiesta di contributo economico. O anche soltanto perché temono che i successi di Camilli mettano in ridicolo i loro insuccessi passati…” Tutto vero, così come è innegabile che la stessa proprietà goda di tante attenzioni non richieste da parte di certa stampa perennemente prona davanti al potere. Ma questo è un altro discorso.
Intanto, la Viterbese camilliana ha già vinto un campionato, suscitando una prima dose di rosica menti in mezzo al tripudio di centinaia e centinaia di appassionati sinceri. E quest’anno lotterà ancora per vincere, nonostante la sconfitta di Sora e i sette punti dalla vetta.
“Io non mollo”, ha detto il presidente Vincenzo domenica in Ciociaria. E sta dimostrando la sua ambizione con un intervento diretto: via il direttore sportivo Luci, è arrivato Pierluigi Di Santo, ex Ascoli e Cisco, uno di categoria superiore che sarà utilissimo anche in chiave di mercato invernale (sarà a Viterbo domani). Via l’esterno Angelilli, atteso fin troppo quando alla squadra serve gente pronta e affamata. Nuovo anche il preparatore atletico. E altre novità sono pronte non appena si riapriranno le liste di trasferimento. Perché non si potranno vincere tutte le partite in goleada, né ci si può dimenticare che in campo ci sono anche gli avversari. Ma si può sperare di crescere gradualmente e di ritrovarsi ad inizio primavera a lottare per i primi posti. Con buona pace dei gufi: uccellacci, anzi uccellini.