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Città d’arte e di cultura? Ci risiamo

Piazza San Pellegrino

Piazza San Pellegrino

Quando l’aria comincia a essere friccicarella, quando la nonna rispolvera la tavola per la polenta, quando si puliscono i camini e si adagia la legna in cantina, il consiglio è sempre lo stesso: mettetevi in testa un cappello. Che certe sventolate fanno male.

Detto ciò, il consiglio dei ministri ha deciso che ogni anno sceglierà una capitale italiana della cultura. E Riccardo Valentini, capogruppo alla Pisana di Per il Lazio, annuncia la candidatura di Viterbo. Il tutto durante la visita in città di quel carrozzone chiamato Panorama d’Italia. E all’interno di una riunione denominata “incontro di eccellenze”. Alla quale hanno partecipato, appunto, le teste fumanti della Tuscia. Quasi tutte, in realtà. Tranne quelle che non sono state invitate. E che conseguentemente si sono imbestialite. Ma questa è un’altra storia. Torniamo quindi alla candidatura e alle sue inappellabili motivazioni.

“Abbiamo tutte le caratteristiche culturali per proporci”, spiega il consigliere regionale in una nota fiume. Quali? Si domanda desideroso di conoscenza il mondo intero. “Sul territorio è presente l’Università – la prima chicca – con numerose eccellenze in ogni settore”. E fin qui tutto sommato gli si può anche dar ragione, disoccupati a parte (più del 50%). Ma andiamo oltre. “C’è il quartiere medioevale di San Pellegrino con il palazzo dei Papi”, talmente intatti che usai paiono dimenticati. “Le opere d’arte contenute nel museo civico, come le tavole di Sebastiano del Piombo”, quindi gli Uffizi possono mettersi in coda. “Il teatro dell’Unione e quello Romano di Ferento”, chiusi entrambi, nonché ridotti un cencio. “La fantastica Biga di Castro”, che risiede altrove. “Villa Lante”, che come le parrucchiere osserva un turno di riposo il lunedì.

E ancora: “La macchina di Santa Rosa, che è diventata patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco”. Sì, quella che ha messo contro Facchini e amministrazione comunale. “Eccellenze nel campo delle risorse umane”, ossia i viterbesi che per lavorare sono migrati altrove. “In quello enogastronomico e dell’artigianato”, rappresentati da un centro storico che lentamente sta morendo. “Ma anche della letteratura, con uno dei festival letterari più importanti d’Italia, ‘Caffeina cultura’. Poi ‘San Pellegrino in Fiore’, una kermesse di florovivaisti. Non da meno in campo musicale il ‘Festival Barocco’. Tre manifestazioni che portano gente addirittura da Tessennano. “Ci sono poi artisti doc come il tenore Antonio Poli o il baritono Alfonso Antoniozzi”. Noti certamente più dei loro 430 mila colleghi.
Senza dimenticare, vanno aggiunti per dovere di cronaca giacché Valentini se li è persi, le favolose strade che conducono velocissime alle altre città. L’arsenico nell’acqua che stimola gli spiriti creativi. L’immondizia che colora le caratteristiche viuzze. I parcheggi selvaggi. La segnaletica da “caccia al tesoro”. I bagni pubblici, dei quali ha parlato anche la trasmissione “Chi l’ha visto?”. E, chiudendo, la gnocca di sabato pomeriggio al corso. Tantissima gnocca.

È cosa fatta, insomma. Firenze, Siena, Milano, Roma, Palermo, Arezzo e via discorrendo, si possono serenamente rassegnare. La capitale della cultura è decisamente Viterbo. Con o senza cappello in testa.

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