Ventidue lavoratori in mobilità. Perché? Perché “permangono alcune situazioni di difficoltà che non consentono di mantenere produttività ed efficienza aziendali”. Questa è la spiegazione dei vertici della Ceramica Catalano, azienda del distretto industriale di Civita Castellana che ad un anno esatto dallo scoppio della crisi (quando furono scongiurati molti licenziamenti) si trova costretta a chiedere ad alcuni suoi dipendenti sacrifici decisivi. Ventidue su 240 andranno dunque in mobilità.
La Ceramica Catalano ha annunciato la sua decisione al direttore provinciale di Unindustria, David Delli Iaconi, che oggi spiega: “La procedura di mobilità volontaria sottoscritta lo scorso ottobre non è stata sufficiente a superare le criticità già denunciate proprio in quella sede e l’azienda, utilizzati tutti gli ammortizzatori sociali previsti, è costretta a riaprire la procedura”. Evidentemente le difficoltà generali (cioè dell’economia italiana) e particolari (del settore ceramico e dell’azienda stessa) non si sono risolte, almeno non al punto di dare continuità alla produttività. “Va ricordato – dice Delli Iaconi – che in questi mesi la Catalano si è presa per intero i rischi dell’accordo sulla mobilità volontaria dello stesso ottobre, continuando a innovare e produrre e dimostrando sensibilità nei confronti della forza lavoro”. Un buon gesto che però, a distanza di un anno, non ha sortito gli effetti sperati. Ora entrano in gioco le parti sociali, alla ricerca di una conclusione il meno possibile traumatico – per quanto sia plausibile in queste circostanze – del procedimento.
Situazione leggermente diversa alla Flaminia, altro gigante del distretto civitonico colpito in modo durissimo dalla crisi. Qui la mobilità era stata prevista sempre un anno fa, anche per agevolare l’uscita di quei lavoratori che entro la fine del 2014 andranno in pensione e che potranno dunque sfruttare le regole sull’indennità di mobilità. Per ultimi, visto che questi benefici saranno modificati già da gennaio.