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Cimitero di Grotte, richiesta danni milionaria

L'assessore Raffaela Saraconi

L’assessore Raffaela Saraconi

L’avevano promesso e lo hanno fatto. Gli avvocati della società fiorentina Silve (Società italiana lampade votive) hanno depositato il 18 luglio scorso il ricorso al Tar del Lazio contro il Comune di Viterbo. O meglio, contro la decisione – ritenuta “illegittima” – di revocare il project financing che la stessa Silve aveva ottenuto per l’ampliamento del cimitero di Grotte Santo Stefano. E alla fine delle ventidue pagine del ricorso – che Viterbopost ha avuto modo di leggere – firmato dall’avvocato fiorentino Leonardo Limberti e della collega romana Annalisa Lauteri, c’è anche la richiesta di danni: un milione e cinquecentomila euro, oltre alle spese legali e rivalutazioni varia. Oltre, naturalmente, alla revoca dei provvedimenti.
Il ricorso era già stato annunciato nelle scorse settimane. Dopo che in marzo il Comune, su indicazione dell’assessorato ai Lavori pubblici (assessore Saraconi), aveva sospeso il project financing, riservandosi di valutarne l’utilità e la convenienza. Poi è arrivata la revoca, anticipata da una lettera al sindaco e a tutti i capigruppo in consiglio comunale, in cui la stessa Silve avvertiva che, in caso di revoca, si sarebbe rivolta al Tar. Detto, fatto.
La storia del cimitero della frazione risale al 2012, quando la giunta Marini pensò ad una formula per arrivare all’ampliamento dell’attuale camposanto, non più in grado di accogliere le salme di grottani passati a miglior vita. Una gara d’appalto per la gestione di tutti i cimiteri cittadini per 25 anni, e in cambio il completamento dell’opera. Quel bando se lo aggiudica la Silve, ma intanto l’amministrazione vecchia lascia il posto alla giunta Michelini. Intanto, ci si mette anche una lettera di un cittadino a intorbidire le acque e ad alimentare sospetti sulla validità della procedura. Fatto sta che il Comune prima sospende e poi revoca l’aggiudicazione.
Secondo il ricorso della Silve, le motivazioni di Palazzo dei priori sarebbero però piuttosto fragili. Dai “sopravvenuti motivi del pubblico interesse”, al “mutamento della situazione di fatto”, fino alla “nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”. Secondo il ricorso, inoltre, i nuovi proventi derivanti dalle cremazioni, dalle richieste di sepolture in vita e altri fattori sarebbero stati interpretati in modo capziosi dal Comune proprio per giustificare la revoca.
Ora non resta che attendere la sentenza del Tribunale amministrativo regionale. Che se dovesse dare ragione alla Silve, creerebbe non pochi problemi all’amministrazione Michelini. A partire da quelli economici: un milione e mezzo da pagare che si aggiungerebbe ai quattro circa già dovuto al crack di Esattorie. Poi dite che non eravate stati avvertiti.

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