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Buon Respiro, mobilità con tanti dubbi

Vittorio Ricci (Fials)

Vittorio Ricci (Fials)

“Le modalità di come si sia arrivati a questa decisione ci lasciano molto perplessi”. Firmato: Vittorio Ricci, rappresentante viterbese della Fials.

Dopo che l’ultimo tentativo del 25 giugno è andato a vuoto, Villa Buon respiro si avvia alla chiusura, e alla mobilità dei 125 dipendenti. Questo dice il verbale della riunione: da una parte i vertici del San Raffaele spa e del San Raffaele Roma – le due società della famiglia Angelucci che avevano annunciato la mobilità per 262 dipendenti in tutto il Lazio a partire dal 1 giugno scorso, a causa delle inadempienze economiche da parte della Regione -, dall’altra i rappresentanti sindacali. Morale della favola: “Non appaiono sussistere, allo stato, soluzioni alternative alla messa in mobilità del personale”.

E i sindacati locali, cosa dicono? Ricci, appunto, è “perplesso”. E spiega anche perché. Alla fine del suo ragionamento i suoi dubbi lasciano immaginare che in questa storia qualcosa non va. E che forse dietro c’è altro da scoprire. Ma andiamo con ordine.

“Perplesso per le modalità – precisa Ricci – Intanto perché tra tutte le strutture del gruppo San Raffaele nell’intera regione, Villa Buon Respiro è l’unica in cui si prevede una chiusura totale, con la messa in mobilità di tutti i dipendenti. Già questo è un particolare molto strano, e come sindacato chiederemo alla società di visionare i bilanci, per capire se davvero la situazione economica della clinica viterbese sia così drammatica da giustificare una decisione così radicale come appunto la chiusura”.

Ma le riflessioni non finiscono qui. Perché la cronaca degli ultimi anni è ricca di episodi del genere: di trattative all’insegna del tira e molla tra privato e pubblico, del “chiudo – non chiudo” ripetuto all’infinito, magari fino a quando non si ottiene ciò che si desidera. Ricci premette: “Intanto non credo che il gruppo San Raffaele abbia interesse a perdere un accreditamento così importante come quello garantito da Villa Buon Respiro. Mi domando invece se questa storia non sia figlia di una forma di pressione nei confronti della Regione dopo che la Asl viterbese, che in fondo ha un ruolo solo di cassiere, aveva rivisto, in modo corretto aggiungo, certi contratti…” A pensare male si fa peccato ma eccetera eccetera. Senza contare che in ballo ci potrebbe anche essere la riformulazione dei contratti di lavoro, o qualche spuntatura a lavoratori in regime di partita Iva, per cercare di far quadrare i conti.

“In sostanza, quello della proprietà è un atteggiamento non responsabile – conclude Ricci – Sarebbe opportuno essere chiari. Dire: c’è la volontà di chiudere. Ora, non è che una struttura complessa come è una realtà sanitaria si chiude dall’oggi al domani. Ci vuole tempo e programmazione, anche per consentire alla Ausl di ricollocare i pazienti, pazienti che, nel caso di Villa Buon Respiro, presentato esigenze particolare. Allo stesso modo, si agevolerebbe anche un’eventuale ridistribuzione dei dipendenti in cliniche specializzate dove le professionalità sarebbero ben accolte. Invece, finora, si è andati avanti nell’incertezza, forse perché più conveniente”. Già, ma i toni perentori dell’incontro del 25 giugno lascerebbero pensare davvero che si sia arrivati al punto di non ritorno. A meno che al puzzle manchi ancora qualche tassello, quello indispensabile per capire a che gioco si stia giocando sulla pelle di Villa Buon Respiro.

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